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Intervento di Renato Penco (L.N.I.P.)
"Signor Presidente, pochi Assessori presenti, mancanza
del Sindaco, mi inducono ad una lieve riflessione.
Il problema è sicuramente di grandissimo interesse e di grandissima importanza, investe
milioni di famiglie che sono alle prese con questo dramma, flagello, che è la droga.
Io credo che per quel che ci riguarda dobbiamo iniziare una seria riflessione. Andando a
ritroso negli anni, addirittura alle ultime guerre che hanno evidenziato dal Vietnam,
all'Afghanistan, alla ex Iugoslavia, alla Cecenia, come l'uso delle droghe alteri in
maniera dannosa e incontrollabile il comportamento degli uomini.
Detto questo vorrei passare a quanto ho allegato nella mozione, ispirandomi cioè al
cartello di Stoccolma, (faccio alcuni passaggi perchè mi sembrano significativi).
Ci rendiamo conto, che l'abuso delle droghe illegali èattualmente un problema molto serio
in molte città Europee. Una recente indagine effettuata dal Parlamento Europeo, dimostra
che ci sono milioni di tossicomani solamente all'interno della comunità Europea.
Le richieste di legalizzare le droghe illegali, dovrebbero essere viste sullo sfondo dei
problemi attuali che hanno portato ad un sentimento di impotenza. Per molti l'unico modo
di affrontare ciò, è cercare di controllare la situazione attuale.
La risposta comunque non è nel rendere piùaccessibili, meno care e socialmente
accettabili le droghe nocive. I vari tentativi fatti hanno dimostrato che la soluzione
giusta non è questa. Pensiamo che la legalizzazione della droga aumenterà a lungo
termine i nostri problemi, legalizzandola significherà che le società e anche la nostra
si èrassegnata ad accettare l'abuso di droga. I votanti e i firmatari di questa
risoluzione, vogliono quindi indicare chiaramente la loro posizione, respingendo le
proposte per la legalizzazione delle droghe leggere e dice "noi città Europee contro
la droga desideriamo prenderci cura dei nostri abitanti, desideriamo creare delle città
che siano sicure e altrettanto attraenti per viverci e lavorarci, abbiamo intrapreso
questo lavoro contro la droga perchè ci teniamo agli individui alle famiglie ed alle
collettività".
D'altronde l'articolo 31 e 32 della Costituzione èmolto chiaro noi contestiamo questa
Costituzione ma questi due articoli credo che siano significativi.
L'articolo 31 dice che agevola la formazione delle famiglie con aiuti anche economici, non
mi pare che venga fatto oggi questo; l'articolo 32 dice che lo Stato tutela e preserva la
salute di tutti i cittadini, non mi pare che altrettanto si faccia con incisività.
Questa risoluzione di Stoccolma dice anche, di rafforzare il ruolo della famiglia per la
lotta contro la droga, programmi di prevenzione nelle scuole, università e posti di
lavoro, metodi di sviluppo il cui ruolo è quello dell'individuazione immediata ad
adottare poi misure costruttive, riabilitare coloro che sono tossicomani da diverso tempo,
ricerche a sostegno e valutazione.
Detto questo, se qualcuno si vuole suicidare con mezzi legali o illegali noi non faremo
come l'ultimo dei fratelli Maccabei, ma ci guardiamo bene da legalizzare qualsiasi tipo di
droga.
La nostra cultura, la cultura del popolo ligure, del popolo lombardo, piemontese, veneto
ecc.. sono ben altre, sono le culture del lavoro, dei sacrifici che i nostri vecchi hanno
fatto, noi come gruppo Lega Nord in quest'aula ci battiamo per quelle situazioni a favore
del lavoro.
Purtroppo è un problema gravissimo, che sicuramente crea depressione in milioni di
giovani in tutta Italia.
Quindi noi vorremmo un futuro migliore per noi e per i nostri figli e nipoti, un futuro
fatto di lavoro e non certo di fumerie d'oppio o di iniezioni pericolose".
Renato Penco
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Intervento di Silvio Scaffardi (L.N.I.P.)
"Presidente, colleghi, il problema della
tossicodipendenza, della droga o come suggerisce l'organizzazione mondiale della sanità
del consumo delle sostanze che generano tossicomanie, è fra i più complessi, qualunque
sia l'angolazione sotto cui lo si voglia studiare. Per i medici e gli psicologi per i
politici e i sociologi, si tratta di una delle più gravi questioni che il mondo
occidentale si trova oggi a fronteggiare.
Di fronte ad un così grave problema irrisolto, si sono aperti vari con scenari, con
svariate proposte per il superamento dello stesso anche contrastanti tra di loro, come la
liberazione dell'uso delle droghe, la quercizione secondo le modalità del contenimento
temporaneo, del trattamento obbligatorio e della punizione del tossicodipendente, le
azioni di contrasto.
La teoria della liberalizzazione in voga fino alla metà degli anni ottanta, si motivava
identificando la causa della diffusione della droga nel profitto e nella conseguente
trasformazione del consumatore, in spacciatore.
Per cui liberalizzando il mercato il profitto sarebbe venuto meno. Ma la liberalizzazione
se impedisce lo sfruttamento economico del tossicodipendente, non abolisce ne riduce, il
consumo di droga che continuerebbe legittimamente a diffondersi e a produrre i noti danni
individuali e collettivi.
Questa teoria oggi ritirata in ballo nel nostro paese con un notevole ritardo, negli anni
ha trovato sempre meno sostenitori, anche alla luce delle esperienze fatte per la
progressiva presa di coscienza che non ci si poteva battere contro il fenomeno della
tossicomania favorendone la diffusione di stato.
Oggi anche nel nostro Paese pare sia venuto di moda la così detta strategia di riduzione
del danno, dopo la prima conferenza nazionale su stupefacenti e tossicodipendenza svoltosi
a Palermo nel giugno del 1993.
Tale strategia a nostro giudizio, e non solo nostro, presenta aspetti certo positivi e
pienamenti condivisibili, ma molti altri negativi e non condivisibili, come la
legalizzazione delle droghe leggere o la prescrizione controllata di eroina.
E' certo un dato di fatto che tutte le droghe, anche le così dette droghe leggere sono
sostanze psicotrope che per gli effetti piacevoli che producono, attirano il soggetto ad
un assunzione ripetitiva, prima liberamente voluta e poi coatta, per cui egli dipende
dalla droga.
La classificazione di droghe leggere come i derivati della cannabis indica, hascisc,
marijuana e anche l'LSD che hanno minore effetto lesivo sull'organismo, è un
condizionamento minore più lento, ma non vuol dire che non abbiano effetti percepibili e
non comportino turbamenti nel soggetto.
Per chi assume per esempio marijuana vengono descritti effetti euforizzanti, come senso di
leggerezza del corpo, eccitazioni, confusione verbale, subito dopo l'assunzione si
constata ansia, paura, agitazione.
Poco dopo aver assunto la cannabis, il fumatore è piùanimato del solito parla a voce
alta e ha crisi di riso senza motivo, segue poi un periodo di sonnolenza e di semiletargo
in cui vengono smaltiti gli effetti.
Abbiamo varie situazioni gli occhi si arrossano, in alcuni casi si dilatano le pupille il
battito cardiaco si accelera e si denota secchezza in bocca e nella gola, si alterano i
sensi, per esempio vista, udito, odorato, tatto e gusto diventano più acuti, più forte
è la dose più si intensificano gli effetti.
Poliedrico è l'atteggiamento del fumatore, uno si puòsentire rilassato un'altro diventa
loquace un terzo disorientato un quarto può diventare come uno zombi, o come si suol dire
"fatto o sballato".
Dosi forti possono provocare distorsioni dell'immagine, perdita d'identità, deliri ed
allucinazioni. Pensate quanto ciò possa essere pericoloso per sè e per gli altri quando
il soggetto si trovi alla guida di un'auto o a maneggiare macchinari sul luogo del lavoro.
Non voglio dilungarmi oltre nella descrizione dei danni psichici e fisici che possono
derivare dall'uso delle così dette droghe leggere in quanto tutti possono facilmente
documentarsi.
Per tanto effetti più leggeri, non vuol dire nessun effetto e droga leggera non significa
droga buona ed innocua. Peraltro il passaggio alla droga più pesante è in gran parte
avvenuto a partire da quelle leggere.
La teoria della liberalizzazione è contrastabile; è da respingere sia sul terreno delle
previsioni, sia su quello dell'opinione pubblica, sia sul piano etico. Il traffico e la
disponibilità della sostanza non sono le cause uniche dell'intossicazione e della
tossicomania: c'è una sinergia tra offerta e richiesta; senza consumatori non ci
sarebbero commercio e profitto.
Le esperienze di liberalizzazione più o meno totale sono state deludenti, sia in America,
sia in Europa. Nei Paesi dove è stata applicata la liberalizzazione, anche in forma di
legalizzazione, lo Stato si è venuto a trovare nell'assurda situazione di chi presiede
allo smercio e al consumo e deve poi sostenere l'onere degli effetti e della
disintossicazione; deve, cioè, giocare il ruolo di chi diffonde il male e poi deve
procurare il rimedio.
Dicevo poc'anzi che la teoria della liberalizzazione non è accettabile, soprattutto sul
piano etico. Essa, infatti, non mira ad abolire il consumo, ma ad impedire soltanto lo
sfruttamento commerciale del drogato. La droga continuerebbe ad essere diffusa e, stanti
le cause molteplici che ne suscitano il bisogno, continuerebbe a fare danni a buon
mercato, specialmente nelle categorie dei ragazzi e degli adolescenti.
Il confronto che viene fatto con la liberalizzazione della vendita dell'alcool in America,
che ha sconfitto all'inizio del secolo il contrabbando, è un paragone che non regge
perché il grado di dipendenza e gli effetti distruttivi, sul piano del controllo della
personalità, sono ben diversi. Comunque non si può combattere contro il male favorendone
la diffusione.
Punto cruciale di queste nostre, seppur modeste, considerazioni etiche è la illiceità
della droga a motivo della sua gravissima pericolosità individuale e sociale. Se questo
è vero, come supponiamo si possa desumere da quanto detto, ogni atto di legalizzazione e
liberalizzazione approvato vuol dire approvare e potenziare l'illecito".
Silvio Scaffardi
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Intervento di Claudio BASSO (P.P.I.)
"Il tema che affrontiamo oggi avremmo preferito poterlo
affrontare in altro contesto che aiutasse meglio a mettere a fuoco le questioni che sono
state proposte attraverso la presentazione delle mozioni. Io ho scelto di intervenire su
questo tema, tra i molti modi possibili, secondo un taglio che parte dalle vicende che
hanno portato in Parlamento alla presentazione di alcune proposto di legge e dalle vicende
che hanno riguardato la reiterazione continua del D.L. riguardante l'intervento sulla
droga.
Proprio questa annosa vicenda (il D.L., come si sa, data la sua prima versione dal gennaio
'93 e siamo arrivati a venti reiterazioni) evidenzia che le questioni che sono inserite in
questo decreto sono di particolare gravità e importanza. Oltre che definire le modalità
di finanziamento ai soggetti pubblici e privati che operano in favore dei
tossicodipendenti (sono circa 200 miliardi all'anno), viene indicata anche la finalità
per così dire umanistica da perseguire attraverso questi finanziamenti. Questo fa sì che
il fondo nazionale anti droga diventi lo strumento concreto e incisivo attraverso cui
perseguire le politiche sulla droga in Italia. E' un dibattito che è in corso da anni
intorno sostanzialmente a due opposte filosofie: liberare dalla droga o liberalizzare le
droghe.
La prima conferenza nazionale sulla droga, che si ètenuta a Palermo nel giugno del '93,
varò la politica di riduzione del danno, basandosi sul fatto che il tossicodipendente ha
comportamenti ad alto rischio personale e sociale, esposto com'è al pericolo di contrarre
e diffondere infezioni da H.I.V., epatiti. Le principali cause di questi rischi sono l'uso
promiscuo di siringhe e i rapporti sessuali non coperti.
La riduzione del danno diventa allora un modo di intervenire dal punto di vista
epidemiologico e sanitario con la fornitura di siringhe, di preservativi e altri presidi
sanitari che aiutano in questo senso. Di fronte poi al rischio della morte per overdose,
si ricorre a farmaci sostitutivi come il metadone o altri.
Non tutti i tossicodipendenti hanno però voglia di uscire da questa situazione di
dipendenza e allora la riduzione del danno può generare una tacita inflazione dei rimedi
usati, oppure, secondo una aberrante formulazione, essere considerata l'unica solidarietà
possibile per consentire la sopravvivenza della persona tossicodipendente. E così invece
di analizzare gli effetti dei farmaci sostitutivi e trovare vie alternative, ci si muove,
con una sospetta faziosità dei mass - media, verso la legalizzazione delle droghe
cosiddette "leggere".
Il vero rischio è quindi che la riduzione del danno, anziché rappresentare una parte del
tutto residuale dell'intervento pubblico e privato sulla tossicodipendenza, diventi la
politica della tossicodipendenza. Questo innescherebbe un meccanismo perverso che invece
di portare le persone tossicodipendenti sulla strada di un abbandono della droga, li
sosterrebbe nella loro dipendenza senza che sia garantito il risultato di preservarli
dall'A.I.D.S. e dall'overdose. Infatti secondo le più moderne scuole di psicologia, sia
quella analitica che quella relazionale, e di psichiatria, il rituale del passaggio di
siringa o il rapporto sessuale non protetto non è completamente ascrivibile alla mancanza
di presidi sanitari, ma a quelle problematiche strutturali della personalità che fanno da
sfondo alle persone tossicodipendenti.
Non c'è dubbio che le cosiddette strategie di riduzione del danno occupano una parte
rilevante del dibattito intorno alla tossicodipendenza, probabilmente perché dobbiamo
ancora farci chiarezza sui contenuti. Persiste, infatti, una ambiguità in base alla quale
per riduzione del danno si può intendere una gamma di interventi che vanno dal camper che
si introduce nelle zone cosiddette a rischio, perlopiù munito di siringhe e di
preservativi da distribuire, alla distribuzione controllata di sostanze stupefacenti
presso strutture pubbliche, cosìcome viene previsto nella proposta di legge elaborata dal
CORA.
Quale riduzione del danno quindi? Il discrimine non èindifferente perché da un lato si
possono prospettare interventi comunque finalizzati al sostegno della persona
tossicodipendente in vista della sua autodeterminazione a uscire da questa situazione di
tossicodipendenza. Questa è, fino a prova contraria, l'ispirazione dell'attuale
maggioranza di Governo. Leggo infatti alla tesi 78 del programma dell'Ulivo, che io fra
gli altri ho sottoscritto: "Riduzione del danno significa sostenere chi vive in
condizioni di marginalità per cercare di non consolidare quella condizione ma,
all'opposto, per permetterne il superamento". Dall'altro lato, invece, si può
intendere la riduzione del danno secondo un'altra prospettiva, aprendo la strada verso una
visione antiproibizionista e libertaria che è il vero approdo ultimo di questa
concezione, in base alla quale la promozione di politiche di riduzione del danno sarebbe
soltanto una tappa verso l'obiettivo della liberalizzazione delle droghe.
E' una questione delicata, un punto di partenza di un dibattito che merita un
approfondimento senza pregiudizi e senza retaggi ideologici. Nell'attuale formulazione del
D.L. in base a queste considerazioni si prevede al finanziabilità anche di progetti volti
ad attivare servizi sperimentali di prevenzione e di recupero sul territorio che siano
finalizzati alla riduzione del danno con particolare riferimento ai centri di accoglienza
a bassa soglia e alle unità di strada. Questi progetti di riduzione del danno non possono
prevedere la somministrazione delle sostanze stupefacenti né di farmaci sostitutivi, ad
eccezione del metadone.
Ma c'è bisogno di introdurre questa previsione specifica di riduzione del danno? Si vuole
marcare una differenza tra progetti di riduzione del danno e progetti di prevenzione e
recupero? L'acquisto di siringhe, preservativi ed altri presidi sanitari (previsti dai
progetti di riduzione del danno) con i soldi del fondo nazionale anti droga non duplica o
non sostituisce altre tipologie d'intervento più precisamente sanitario (vedi la
normativa sull'A.I.D.S.)? La conseguenza non è forse quella di distogliere risorse dal
fondo anti droga dalle originarie autentiche destinazioni, magari con la benedizione delle
case farmaceutiche che spingono evidentemente in questa direzione? Omettere la previsione
esplicita consentirebbe di fare ricorso agli interventi di riduzione del danno
intendendoli come residuali e non esaustivi all'interno di strategie di prevenzione e di
recupero.
Non ci sono segnali incoraggianti su questa prospettiva. Tra gli emendamenti presentati ve
ne sono alcuni diretti ad ampliare e diffondere il ricorso alla riduzione del danno fino a
sopprimere il divieto di somministrazione degli stupefacenti e questa mi sembra un po' la
chiave di lettura che può portare poi a legittimare, secondo questa visione, una proposta
di legalizzazione delle droghe.
Dicevo che l'appuntamento della seconda conferenza nazionale sulla droga, prevista nel
prossimo febbraio, èun'occasione preziosa, un appuntamento che dovrà segnare un momento
autenticamente aperto di confronto. Il consumo dell'hascisc e dei suoi derivati è una
parte di quella cultura dello sballo che, oltre all'hascisc, comprende pericolosamente
anche anfetamine, acidi, extasy, alcool. Per troppi giovani, ogni giorno più numerosi, le
nuove droghe sono divenute lo strumento quasi normale per divertirsi, per essere
brillanti, essere alla moda, per evadere dal quotidiano.
Si contrappongono i sostenitori del no con i sostenitori del sì. Provo a riassumere
questa divisione delle forze in campo: chi è contrario ad ogni forma di legalizzazione
afferma che si comincia sempre con il fumo, per passare poi alle droghe pesanti; afferma
che legalizzare sarebbe un cedimento morale dello Stato, una dichiarazione di resa che
provocherebbe un ridimensionamento anche degli interventi di controllo e di cura. Il
consumo di hascisc aumenterebbe a dismisura perchéla legalizzazione verrebbe intesa come
un'autorizzazione ad usare la sostanza e si aprirebbe la strada, probabilmente, verso
ulteriori concessioni nei confronti di altre droghe. Viceversa chi è favorevole - lo
abbiamo sentito anche poc'anzi - afferma che il mercato e il consumo illegale sono già in
pratica legalizzati perché ogni giorno, ogni ora chiunque voglia comprarle trova queste
sostanze. Dice che tra i giovani è diffusissimo, accessibile a tutti, anche ai minori ed
è spesso un miscuglio incontrollato (qualcuno parla di schifezze). La legalizzazione
toglierebbe armi alla malavita che prospera sul proibizionismo e separerebbe i luoghi di
vendita dell'hascisc dal mercato delle droghe pesanti che oggi invece coincidono e
convivono.
A chi giova dividersi in questa contrapposizione? La discussione sulle ragioni del sì e
su quelle del no èdissennata se non si è d'accordo almeno su un primo punto: il consumo
di hascisc fa male agli adolescenti e ai giovani e favorirne l'uso è criminale. E poi un
secondo punto: prima di pensare alla legalizzazione, bisogna assumersi, ciascuno secondo
la propria responsabilità, il grande compito educativo di lottare contro la cultura dello
sballo. Ne parlava Galli Della Loggia in un editoriale sul "Corriere della Sera"
di qualche giorno fa, mettendo in evidenza i limiti dell'attuale momento culturale che
stiamo vivendo in Italia in particolare, ma più in generale nel nostro occidente, e sul
fatto che sia necessario recuperare un'etica comune per dare le fondamenta al nostro
vivere civile.
Per lotta a questa cultura dello sballo non intendiamo gli interventi di polizia o qualche
altra espressione del più becero proibizionismo; gli interventi relativi all'ordine
pubblico certamente sono necessari e sono giàprevisti dalle leggi vigenti che
eventualmente vanno migliorate da questo punto di vista, sapendo bene dove si può andare
a colpire. Intendiamo piuttosto azioni positive sulla famiglia, nella scuola, sul
territorio, a favore della crescita dei nostri giovani. Chi oggi ostenta sicurezze su
questo punto o è uno sciocco, o è un ingenuo, oppure è complice. Chi c'è dietro i
frettolosi fautori della legalizzazione? Proprio in questi giorni abbiamo letto sulla
stampa le vicende riguardanti Giorgio Soros, uno dei finanzieri d'assalto della finanza
internazionale di cui si parla spesso sulla stampa come di un personaggio che incarna un
certo modo di intendere le transazioni finanziarie nel nostro mondo; è il finanziere cui
viene attribuita la speculazione sulla lira italiana e sulla sterline nel '93, con un
guadagno stimato dell'ordine di alcune migliaia di miliardi. Ebbene, sappiamo che è uno
dei principali finanziatori dei referendum che si sono svolti in Alabama e in California
per la liberalizzazione, la vendita, il commercio delle droghe. Sappiamo che finanzia
centri studi in Europa; precisamente uno nella città di Zurigo a cui gli
antiproibizionisti italiani fanno riferimento. Pare che dietro a questa iniziativa vi
siano obiettivi non propriamente edificanti che mirano a creare le condizioni per un
riciclaggio del denaro che proviene da attività criminose in maniera più pulita, sapendo
che questo mercato è un mercato in grandissima espansione che consente utili
spropositati.
Allora le domande che ci dobbiamo porre sono altre. Ci dobbiamo domandare che cosa è più
utile per i nostri giovani; che cosa è realisticamente possibile e urgente fare in queste
condizioni. Il Sindaco (mi spiace che non sia presente oggi) prendendo lo spunto da una
lettera apparsa sulla stampa cittadina in relazione alla catena di morti per overdose
nella nostra città, ha ampliato il suo ragionamento sul tema più vasto del disagio
giovanile. Non ci sono risposte certe, non giova dividersi e contrapporsi: bisogna
dialogare di più, con grande attenzione e grande competenza, andando a chiedere agli
operatori delle comunità, agli operatori dei servizi pubblici, qual èl'impatto che hanno
di fronte a questi problemi e se è cosìvero che la strada della legalizzazione o quella
della sperimentazione di somministrazione controllata, su cui esiste ormai una abbondante
letteratura su esperimenti che sono stati fatti all'estero con risultati non propriamente
positivi, è veramente la strada che risponde a questa esigenza.
Vorrei chiudere su un punto: quando si parla di questi temi e si allarga il discorso al
problema più ampio del disagio giovanile, è strisciante una mentalità di questo nostro
tempo che considera il disagio in generale, e il disagio giovanile in particolare, come
inevitabile e pertanto si tratta di trovare le forme per legittimarlo, per renderlo
trasparente, per rendere chiaro di fronte a tutti che c'è una fetta di popolazione che
per determinate condizioni, per determinate situazioni, è destinata alla deriva; e quindi
per questi si propongono dei ghetti; e quindi per questi si propongono dei recinti entro
cui confinare, anche con una maggior sicurezza da parte di chi si ritiene in una
situazione non a rischio, quelli che poi sono gli sbandati, i disperati, quelli che poi
diventano i relitti di questa società.
Io credo che il compito della politica oggi sia quello di farsi carico di queste
situazioni. Si dice che è compito della politica porsi il problema di come si vive e non
porsi il problema del perché si vive, ma oggi la politica èin crisi perché il come si
vive dipende dal perché si vive. Questa cultura che è definita dai sociologi "la
cultura dello sballo" è in piena sintonia con questa incapacità di educare al
sacrificio che è poi l'incapacità di assumersi delle responsabilità, l'incapacità di
diventare protagonisti.
Credo che oggi compito della politica, in questo senso, il prosieguo di questo dibattito
che mi auguro anche non confinato alle votazioni di questa sera, ma in grado di aprire un
confronto più ampio sui temi delle politiche giovanili di questa città, sul fatto che
questa Amministrazione e questo Consiglio si devono porre il problema, anche in relazione
alla discussione del nuovo piano regolatore, di andare ad individuare anche gli spazi e le
strutture entro cui offrire ai giovani occasioni di vita, occasioni di divertimento,
occasioni per impiegare il loro tempo libero, questa politica - dicevo - deve ritornare in
questo senso protagonista del Consiglio comunale e di questa città".
Claudio Basso
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Intervento di Umberto Testori (A.N.)
"Signor Presidente, assessore Rossetti,
come i colleghi che mi hanno preceduto, mi spiace che non sia presente il Sindaco perché
proprio a lui, secondo me, spettava l'ultima parola su questo dibattito. Mi spiace
altresì che il dibattito sia stato quasi raffazzonato perché un problema di tanto
interesse come questo avrebbe dovuto avere più tempo e soprattutto più possibilità da
parte di tutti i rappresentanti del Consiglio comunale per poter intervenire.
Vi dirò che dei colleghi che mi hanno preceduto ho seguito in particolare il collega
Quaglia perché essendo dall'altra parte, non diciamo della barricata, ma delle tesi, è
quello che mi interessava maggiormente per vedere quali possibilità aveva di
convincimento nei riguardi degli altri colleghi e in particolare mio personale. Ho seguito
comunque anche gli interventi degli altri e vi dirò che in un caso del genere io ritengo
che non tanto ci debba essere una anteposizione di gruppi politici o di
mentalitàpolitiche, ma di uomini coscienti a sapere che stiamo attraversando un periodo
nero della nostra storia nazionale e cittadina e soprattutto che stiamo affrontando un
problema dei più difficili non tanto da discutere quanto da risolvere.
Il collega Quaglia, che io cercavo di ascoltare nel modo migliore per cercare di vedere se
mi poteva convincere perlomeno in parte (e vi dirò che in parte c'è quasi riuscito),
quando mi parla di malafede o incompetenza, su questo, come direbbe il Presidente della
nostra Repubblica, io non ci sto perché ritengo in malafede di non esserlo nel modo più
assoluto e quanto all'incompetenza, essendo un farmacista che purtroppo lavora in una
certa zona, di non averne affatto; magari ne avessi! Quando il consigliere Quaglia mi
parla di droga leggera e di droga pesante, io sono perfettamente d'accordo con lui che
sono due cose nettamente diverse: di una si muore quasi subito e dell'altra, grazie a Dio,
ci vuole un po' più di tempo. Che ci sia un commercio (parliamo di eroina in particolare)
libero, su questo non sono d'accordo. Libero in pratica, questo forse sì, però in teoria
no perché ci sono ancora delle leggi che dovrebbero essere severissime che purtroppo
vengono tutelate fino ad un certo punto. Che sia florido su questo siamo perfettamente
d'accordo. Io penso che nessuno, dai più alti industriali agli operai del più infimo
ordine, abbiano delle competenze economiche tali.
Quando poi mi si parla di legalizzazione o di liberalizzazione, io non arrivo molto a
capire la grossa differenza che esiste; liberare forse vuol dire dare "a go -
go" e legalizzare invece darne un pochino ma non tutta? Certo, su questo c'è una
certa differenza, ma non c'èdifferenza però perché la legalizzazione dice ai giovani:
"Guarda che puoi farlo perché è legale", così come purtroppo noi da giovani
siamo entrati a comprare il primo pacchetto di sigarette e poi siamo andati avanti. La
speculazione purtroppo - lo sappiamo - è enorme e su questo, caro Quaglia e cari colleghi
del Consiglio comunale di Genova io ho i miei forti dubbi che si possa fare qualche cosa
perché la speculazione è talmente ad alto livello che comprerà tutti, farà di tutto in
un modo o nell'altro per cercare di togliere i buoni propositi sia dei proibizionisti che
degli antiproibizionisti.
Un'altra cosa che ritengo essenziale è quella delle droghe pesanti e delle droghe
leggere. Ora, se è risaputo che dalla pesante ben difficilmente si torna alla leggera,
invece mi sembra che sia assodato scientificamente che dalla leggera si arriva alla
pesante. Secondo me il problema è quello dell'educazione che non solo le famiglie, ma
tutti gli enti morali o non morali dell'opinione pubblica devono adottare. E' inutile
andare avanti senza educare i giovani che certe cose, legali o non legali, abilitate o non
abilitate, fanno male e sono dannose. D'altra parte già l'educazione la imparano in
televisione: quando i nostri figli, anche giovanissimi, vengono con delle parolacce e tu
cerchi di dargli due scappellotti per dirgli "queste frasi non si dicono", ti
rispondono: "Ma se le hanno dette in televisione!" e questo sappiamo essere vero
per cui, secondo il nostro punto di vista, l'educazione soprattutto è quella che deve
servire per mettere in testa ai nostri giovani, che grazie a Dio non sono stupidi, che
certe cose non si fanno non perché sono proibite, ma perché fanno male alla salute.
Diceva un collega che mi ha preceduto che nella Costituzione c'è l'articolo che parla
della salute. Ora, non mi sembra tanto logico, se noi non tuteliamo una certa parte dei
nostri giovani, fare un qualche cosa per tutelare la salute dei cittadini. Bisogna fare un
qualche cosa in modo tale che si possa partire innanzitutto dalla riabilitazione; cioè il
nostro problema non è tanto quello di cercare di legalizzare quelli che vogliono entrare
in questo tunnel tremendo, quanto quello di fare qualcosa per cercare di portare fuori
quelli che purtroppo, spesso e volentieri non per colpa loro, sono entrati in questo
tunnel, per portare fuori loro e le loro famiglie da questo dramma enorme, per permettere
che ci sia un domani un qualche cosa che possa dire ai nostri giovani: "Avete altre
cose da dire, altre cose da fare". Come detto molto bene il collega Basso, i giovani
probabilmente vano nel tunnel della droga perché non trovano altro, perché lo Stato non
sa dar loro altro, perché non è capace a dare un qualche cosa perché questi giovani
trovino degli altri sbocchi, delle altre possibilità e questo è vero; però il discorso
andrebbe molto ma molto lontano perché non dipende più da noi singoli, non dipende più
dal Consiglio comunale di Genova, dipende dallo Stato o chi per esso.
Per terminare, io ritengo che non ci sia una situazione particolare per salvare l'intera
cosa legalizzando o liberalizzando le droghe leggere, anche perché poi dalle droghe
leggere bisognerebbe passare alle pesanti e a questo punto sarebbe una tragedia
completa".
Umberto Testori
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Intervento di Maria Grazia Gaggero (Verdi)
"Anch'io avrei gradito poter fare questa
discussione in presenza del Sindaco, assente per malattia, anche perchéquesto dibattito
avviene dopo che lui ha fatto un intervento molto bello ed autorevole in Consiglio
comunale. Tornando alla discussione, mi sembrerebbe opportuno valutare il contesto in cui
questa si svolge. Il numero di morti per overdose è in aumento, con un rapporto di uno a
tre tra i decessi per droga e quelli per A.I.D.S.. E' un dato di fatto il fallimento della
politica della repressione, mi sembra che questa sia una presa d'atto doverosa da parte di
tutta la società. La vendita clandestina delle cosiddette "droghe leggere" pone
di fatto i giovani in netto contatto con il mondo dello spaccio; anzi, spesse volte di
fatto li rende spacciatori essi stessi. Questa fase, secondo l'idea di autorevoli esperti,
è l'unico punto di rischio che si ha per il passaggio dalle droghe leggere a quelle
pesanti, infatti i giovani, di fatto, imparano ad avvicinarsi al mondo dello spaccio
proprio attraverso la vendita della canapa indiana e dell'hascisc.
C'è da denunciare anche un aumento nella circolazione di sostanze chimiche molto più
pericolose rispetto alle altre droghe. Recentemente c'è stata una lettera molto bella,
apparsa sulla stampa, il cui autore è Don Gallo, in cui si dice che i giovani sono dei
consumatori particolari che subiscono e consumano le mode; mi sembra che questo sia un
dato di fatto che deve farci riflettere e deve portarci ad individuare due strategie da
perseguire parallelamente e non in contrapposizione: riconoscere la fondatezza di una
strategia della riduzione del danno e la legalizzazione delle droghe leggere allo scopo di
separare il circuito del mercato illegale delle droghe pesanti da quello delle sostanze
che sono state definite "non droghe".
Legalizzazione non significa liberalizzazione, ma commercio sotto controllo delle droghe
leggere, tant'è vero che le proposte di legge che giacciono in Parlamento identificano
l'età minima alla quale possono essere vendute le droghe leggere: non potrebbero essere
vendute a ragazzi di età inferiore ai sedici anni e stabiliscono le sanzioni per coloro
che contravvengono a queste disposizioni.
Occorrerebbe superare la cultura dell'intolleranza, guardare il tossicodipendente come
colui che ha bisogno di aiuto e non come un delinquente e individuare tutte le strade
possibili per rendere la qualità della vita dei tossicodipendenti il più accettabile e
il più vivibile possibile ed aiutarli, se lo desiderano, ad uscire dalla spirale della
droga. Occorre smitizzare il vergognoso concetto, espresso anche poc'anzi in quest'aula,
che chi si buca non ha voglia di lavorare, come se il mondo del lavoro fosse un miraggio
solamente per i cosiddetti normali.
Questo dibattito ha luogo mentre gli amministratori delle grandi città italiane si
interrogano sul superamento delle politiche proibizioniste. Il tema della legalizzazione
dei derivati della canapa indiana è stato oggetto di discussione all'interno della sesta
conferenza internazionale sulla riduzione del danno che si è svolta a Firenze dal 26 al
30 marzo '95. Una riflessione analoga èstata all'esame dell'assemblea nazionale del forum
droghe, sulla base anche delle iniziative assunte in questi anni in ordine alle politiche
di riduzione del danno.
Non pochi passi in avanti sono stati fatti attraverso il dibattito nella società italiana
e negli ordinamenti dell'opinione pubblica nel corso degli anni '90. Con il successo, nel
'93, del referendum abrogativo delle norme penali della legge 162, la battaglia
antipunizionista ha ottenuto, allo stato, il suo risultato più elevato, senza tuttavia
che il Parlamento abbia saputo esprimere soluzioni legislative adeguate a quel voto. Il
risultato del referendum, che ha parzialmente modificato la legge 162 in materia di
droghe, ha dimostrato che la scelta repressiva ispiratrice di quel testo è stata
largamente bocciata dai cittadini del nostro Paese. L'impostazione proibizionista e
punizionista deve lasciare il campo a un visione piùpragmatica dei problemi collegati al
consumo degli stupefacenti.
La stessa conferenza nazionale sulle droghe svoltasi a Palermo nel giugno del '93 ha
lanciato dei segnali precisi di ridimensionamento dello scontro ideologico sulla
questione, privilegiando un approccio di riduzione del danno. Il dibattito culturale, nel
nostro Paese e in tutto il mondo, ha visto già da alcuni anni affacciarsi sempre più
marcatamente le ipotesi di riduzione del danno in materia di droghe e di A.I.D.S. come
strategia utile. Questi problemi sono gestibili e governabili attraverso l'intervento
della mano pubblica; infatti è doveroso porsi il problema della salute dei cittadini
consumatori di stupefacenti attraverso strategie preventive e riduttive del danno che
questo consumo comporta.
Le proposte di legge che sono state presentate in questi anni dai parlamentari che fanno
parte del forum droghe, affrontano cinque questioni: il superamento del regime
sanzionatorio nei confronti del consumo di droghe, la prevenzione del disagio per i
soggetti maggiormente esposti al consumo di droghe, la sperimentazione limitata e
controllata della somministrazione delle sostanze stupefacenti, la riforma delle strutture
operanti in materia di tossicodipendenza. Una quinta prioritàindividuata dal forum è
quella che prevede la legalizzazione delle droghe leggere allo scopo di separare il
circuito del mercato delle droghe pesanti da quello delle sostanze che sono definite
"non droghe".
Questo progetto si muove all'interno di un quadro piùgenerale volto a una maggiore
regolamentazione della commercializzazione delle sostanze alcooliche e dei psicofarmaci
per prevenire gli abusi del consumo e dare una limitazione precisa al mercato clandestino.
Infatti, come dicevo prima, le politiche di limitazione del danno non devono limitarsi ad
intervenire sugli effetti del consumo delle droghe pesanti, ma contribuire anche a
spezzare proprio quel circuito, quella catena che lega l'utilizzo delle cosiddette droghe
leggere al mondo dello spaccio clandestino e quindi degli spacciatori".
Maria Grazia Gaggero
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Intervento di Enrico Serra (Gr. San Giorgio)
"Abbiamo dibattuto diverse volte, anche in
quest'aula, il problema della droga in rapporto a richieste di ordini del giorno, in
rapporto anche ad atti di criminalità, in rapporto a tanti principi. Come medico non
farei molta fatica a fare qui un'esposizione di tipo epidemiologico, clinico o
tossicologico perché la documentazione èvastissima e sarebbe motivo già sufficiente per
condizionare il pensiero, anzi per informare i colleghi di quanto sia pericoloso l'uso
appunto delle droghe. E penso che questi sarebbero gli argomenti da portare soprattutto a
livello di prevenzione nelle scuole e nell'informazione, che sono l'unico strumento.
Ma vorrei fare un'altra considerazione, una considerazione che potrebbe sembrare molto
semplicistica, ma potrebbe anche essere un apporto in più alle relazioni che hanno già
fatto i miei colleghi che sono abbastanza esaustive. Al collega del gruppo Lista Pannella
volevo anche ricordare che forse non era stato molto corretto citare il nome di un
farmaco, forse sarebbe stato meglio citare magari semplicemente l'espressione
"psicofarmaci" o una formula chimica, non un nome commerciale (speriamo non
riceva qualche querela); comunque capisco la sua buona fede, anche se ritengo che abbia
sbagliato. Così come non può confondere "penalizzare la morte" con legalizzare
ogni strumento di suicidio, specialmente quando questo strumento è gratificante per
l'individuo, quindi sono due problemi ben diversi.
Ma da una considerazione così di politica semplice, ma forse facilmente comprensibile,
vorrei passare ad una riflessione un po' diversa: il fenomeno della droga non ècausale.
Che tipo di società abbiamo creato? Il fenomeno della droga non nasce come un evento
isolato o come un "albo lapillo" (anzi, forse "niger lapillo"), ma
deve essere inserito nel contesto dei costumi, della cultura, di un momento storico della
società. Faccio un esempio di cui ho parlato un po' nelle scuole e forse è per questo
che può sembrare un po' riduttiva questa faccenda: nella storia il problema di chi
detiene il potere politico, economico, militare, è sempre stato quello di perseguire il
fine di controllare i cittadini, i sudditi, le masse e di sfruttarle. Un tempo dell'uomo
si utilizzava quasi esclusivamente la forza muscolare, la forza lavoro e si applicavano
mezzi coercitivi come le catene, i posti coatti di lavoro e così via. oggi, con la
diffusione della cultura, con la scuola dell'obbligo, le macchine che sostituiscono la
forza dell'uomo, non è forse che si stia sviluppando un diverso mezzo di condizionamento
dell'uomo, invece che sui muscoli sul cervello? Allora chi vuole il potere applica le
catene, i vincoli alla mente dell'uomo.
Infatti, in un excursus così molto semplice, elementare, si è cominciato con la
manipolazione dell'informazione, la diffusione dell'informazione manipolata, per esempio
con la pubblicità gratificante che lusinga e crea falsi bisogni, l'edonismo, il
consumismo, che creano a loro volta nuove insoddisfazioni, nuove infelicità, se non si
raggiunge quello status symbol o il possesso di quegli oggetti cosìbene illustrati. La
stessa tecnica, gli stessi mezzi d'informazione di massa praticano il condizionamento
politico, ideologico, si creano situazioni, di fatto, di falsa democrazia o di democrazia
limitata.
Oggi in quest'aula, quindi, ci occupiamo di un livello più avanzato di condizionamento
rispetto a tutti quelli che abbiamo esposto così brevemente, dello strumento più potente
e pericoloso che crea quasi sempre irreversibilità alle menomazioni che produce; ci
occupiamo di un'arma chimica micidiale che ha un'azione diretta, volontaria, di
autolesionismo. Le droghe libere, leggere o pesanti che siano, creano una società di
"zombies" che definitivamente o quasi irreversibilmente perdono il diritto al
bene più prezioso che l'uomo ha in una societàveramente aperta e libera per chi è
capace, abile e conserva la lucidità della ragione critica, la capacità di un intendere
e di un volere e non soggetta invece alla dipendenza chimica, all'obnubilazione per una
non realtàonirica o indotta.
L'uomo con la liberazione delle droghe e la diffusione inevitabile di queste, maggiore di
quella di oggi, perderebbe il diritto al libero arbitrio, al pensiero e all'etica
individuale; si favorirebbe chi vuole controllare la società e l'uomo a creare nuovi
schiavi e per sempre. Occorre intensificare la prevenzione; viviamo in un periodo di
diffusione della cultura, della scuola dell'obbligo e a livello appunto delle scuole,
delle famiglie, occorre far capire la realtà del rischio che questa società pone.
La presa di coscienza del rischio è la cosa piùimportante. Occorre applicare pene
esemplari a chi sfrutta la droga e intensificare ed estendere soprattutto l'azione delle
comunità, anche se manca ancora una relazione scientifica, un progetto di studi per
valutazioni con carattere veramente scientifico dei risultati, delle metodologie e
soprattutto dei protocolli terapeutici di agire e quando dico terapeutici non intendo
farmacologici, ma intendo questa parola nel più ampio senso, logicamente anche
psicologico e di condizionamento. Ma sappiamo che la scienza non investe solo la
matematica, la fisica e la chimica; la scienza investe anche le problematiche del sociale,
quindi il sociale è anche una scienza, di conseguenza intendevo parlare di protocolli che
devono investire tutti gli aspetti della società, perché, ovviamente non si parla di una
terapia di organo.
L'organo superiore che è il cervello investe la gamma di tutte le attività umane, quindi
il problema va affrontato a 360 gradi su tutto quello che rappresenta la professionalità
dell'uomo anche nell'ambito della sua società. Solo con questo mezzo si potrà veramente
risolvere questo problema, che certamente non nasce per caso ma è indotto da chi vuol
detenere il potere sia economico che politico."
Enrico Serra
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Intervento di Mario Tullo (P.D.S.)
"Signor Presidente, consiglieri, noi affrontiamo questo
tema presentato da alcune mozioni, di cui la prima èdel Gruppo Antiproibizionista,
cercando di limitare il mio intervento a queste considerazioni, senza fare una discussione
generale sulla questione della tossicodipendenza che ci dovrebbe vedere coinvolti in una
discussione più ampia.
Noi affrontiamo questo tema con un grande rispetto per quello che è un dramma di questa
società moderna, un dramma innanzitutto per i tossicodipendenti e per le loro famiglie,
un dramma che ancora recentemente ha visto nella nostra città un aumento delle vittime
dell'eroina, un dramma che ha degli aspetti di carattere sanitario, un dramma che ha una
dimensione sociale.
Esiste inoltre un problema della politica, cioè come i partiti si confrontano su questo
tema. Oggi sembra essere di moda una sorta di dibattito tra le posizioni proibizioniste e
quelle antiproibizioniste. Ebbene, se questo dibattito è viziato da una parte e
dell'altra da argomentazioni di carattere ideologico, non mi appassiona, non appassiona il
P.D.S. e non appassiona quelle forze politiche che vogliono affrontare seriamente il
problema della tossicodipendenza e dell'uso della droga.
Ritengo - e in quest'aula abbiamo dato una pessima immagine alle persone che sono venute
qua ad ascoltare -che non si affronta la questione della tossicodipendenza e della droga
sulla base di chi urla più forte. Purtroppo le urla, le nostre urla, non fermano la droga
e non fermano la domanda di droga. E questa gara a chi urla più forte contro la droga non
ci appassiona.
Immagino che contro la droga ci siamo tutti, infatti vorrei trovare una persona che
afferma di essere a favore. Il problema, oggi, non è chi urla più forte contro la droga
o le droghe, ma è quello di mettere seriamente in discussione tra noi quelle che
dovrebbero essere le strategie e gli strumenti migliori e più efficaci per contrastare la
droga.
Il problema non è abbassare la guardia dal punto di vista culturale, il problema è
capire che ad oggi le politiche, le leggi che si sono applicate nel nostro Paese non hanno
portato ai risultati che auspicavamo. C'è stata una prima legge significativa, la n. 685,
che è rimasta in gran parte inapplicata nel nostro Paese, ma ad un certo punto si è
cercato di sterzare, di tendere a punire il reato di consumo di droga per tentare di
frenare questo fenomeno. E purtroppo io ero tra quelli che si sono battuti contro questa
legge, infatti avrei voluto che avessero ragione gli altri e che magicamente non ci
fossero piùstati morti per eroina e ci fossero meno ragazzi che iniziassero a drogarsi
sia con le droghe leggere che con quelle pesanti.
Non c'è stato, invece, un calo, anzi alcuni studiosi ci dicono che c'è stato anche un
aumento, ma io non voglio neanche in questo caso strumentalizzare i dati e i numeri. Mi
ricordo che Bettino Craxi, quando era Presidente del Consiglio, in un messaggio augurale
di fine anno citòquesto elemento dei minori morti per droga come un elemento positivo di
quel Governo. Magari fosse stato così! Sarebbe una delle poche cose che avrei condiviso
di Craxi. Il problema è che questo fenomeno non si può misurare solo sulle morti e sul
numero delle vittime, ma sulle potenziali vittime e i potenziali consumatori di droghe,
sia leggere che pesanti.
Ora, io credo che il nostro problema sia quello di urlare meno e cercare soprattutto di
fare qualcosa. Ebbene, visto che prima ci sono state delle persone che sono venute qua per
cercare di spiegare le loro ragioni, voglio spiegare cosa facciamo noi, ogni tanto, quando
discutiamo di droga? Noi in quest'aula votiamo, ad esempio, dei documenti per aprire i
SERT cioè i servizi che, come prevedono le leggi, devono aiutare i tossicodipendenti.
Altri Gruppi votano contro questi servizi. Infatti non vanno bene perché sono vicini alle
scuole e perché possono dare fastidio ai commercianti. Queste persone che dicono così
sono le stesse che oggi, magari, vi hanno dato ragione.
Noi votiamo, altresì, le delibere che assegnano i fondi alle comunità per i
tossicodipendenti e per il loro recupero, mentre quelle persone che vi hanno dato ragione
spesso votano contro. Quindi il problema è quello di vedere cosa si può fare nella
realtà attuale. Noi abbiamo un gran numero di tossicodipendenti nella nostra città e nel
nostro Paese, consumatori di droghe pesanti quali l'eroina e la cocaina; abbiamo un gran
numero di giovani che hanno contatti con le droghe leggere. Anche qua le stime parlano di
oltre il 70% di adolescenti che hanno comunque almeno una volta provato a fumare hascisc e
a consumare droghe leggere.
Vi sono poi altri tipi di droghe di cui non si èparlato, ossia le droghe povere. Ci sono
giovani, nelle nostre periferie, che sniffano colle, benzina, insomma le porcherie più
incredibili che è difficile proibire. E' un bel problema dire che non vendiamo più
benzina perché anche con la benzina si possono provare emozioni forti! Vi sono poi le
nuove droghe come l'extasy che sta sostituendo il mercato dell'eroina; ormai l'eroina è
un elemento residuale soprattutto per i più vecchi consumatori di droghe e questo anche
perché i giovani sono intimoriti dal pericolo dell'A.I.D.S.. Non è vero che non mette
paura l'A.I.D.S., magari la siringa ti fa paura, però la necessità e la voglia di uscire
di testa c'è e allora si ricorre all'extasy, che tra l'altro non è una droga leggera ma
pesantissima e sono drammatici gli effetti che questa provoca al cervello di una persona.
Tra l'altro occorre evidenziare le difficoltà degli operatori ad affrontare queste nuove
droghe.
Ora, il problema che noi ci poniamo e vi poniamo è il seguente: rispetto, ad esempio,
alle droghe leggere arreca più danno uno spinello o lasciare un adolescente a contatto
con uno spacciatore? Perché ad oggi l'unico posto dove un adolescente può andare a
comprare la droga è uno spacciatore di droga e questo spacciatore oggi ti vende
l'hascisc, domani ti può vendere l'extasy e dopodomani la cocaina o l'eroina: è solo lui
il fornitore.
Ebbene, noi non vogliamo che ci sia nel nostro Paese nessun cedimento culturale e credo
che da questo punto di vista deve essere inesorabile il monito ad una giusta e consapevole
educazione alla salute da parte dei più giovani in tutte le sue sfere e cioè contro le
droghe e contro quelle già normalizzate quali il tabacco e l'alcool. E vorrei andare
oltre, perché a volte le ansie che noi abbiamo sono anche ansie di genitori rispetto alla
preoccupazione per i propri figli. Testori parlava prima della TV; ebbene, anche
quest'ultima può diventare uno strumento pericoloso per i più giovani.
Cito un esempio banalissimo che riguarda mio figlio, un bimbo di tre anni, che da un paio
di giorni mi tormenta dicendo che vuole fare come Gargoy, personaggio dei fumetti che
vola, e a Carnevale volerà come lui. Io francamente mi preoccupo perché ho letto che da
qualche parte qualche bambino si è buttato giù da qualche finestra, però non penso che
potrò proibirgli la televisione o potrò fare una battaglia contro di essa. Il mio
problema è quello di far capire a mio figlio che se si butta giù dalla scala di casa si
fa male.
Ora, tutto ciò rispetto alle droghe leggere e a quelle pesanti cioè a tutte quelle
condizioni che portano l'uomo al suo annientamento e alla rinuncia della sua
autodeterminazione vedrà il nostro partito sempre in prima linea, senza cedimento
culturale alcuno. Il nostro problema è non chiudere gli occhi dinnanzi alla realtà. Noi
non possiamo non partire dalla realtà che è quella di una generazione che ricerca anche
nella droga quello che non riesce a trovare nella quotidianità, la ricerca della
sensazione forte, il fatto che il sabato sera bisogna fare il pieno per tutta la
settimana.
Che sia questa una estremizzazione della propria esistenza in discoteca senza magari
ricorrere alle droghe o sia, appunto, la ricerca anche di droghe che non sono quelle
solitamente classificate dalla nostra medicina o l'andare allo stadio in una determinata
maniera? Si tratta di un bisogno generazionale che rivela una generazione fragile che vive
in maniera problematica. Non dobbiamo mai dimenticare mai questa condizione di base.
Spesso i SERT ci fanno discutere e ci fanno arrabbiare, ma non discutiamo mai dei 5.000
giovani che nel nostro paese tentano il suicidio ogni anno. Questi non si drogano, ma
decidono ad un certo punto che è ora di staccare la spina e cercano di "togliere il
disturbo". Mi ricordo che, circa un paio di anni fa, nella nostra cittàsi era
suicidato un ragazzino e la motivazione era la disperazione per aver avuto un brutto voto
a scuola; l'insegnante coinvolta aveva detto che sicuramente non si era ucciso per il
brutto voto, ma questo era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Ecco, noi dobbiamo sapere che abbiamo tanti vasi che sono ai limiti. Questo è un dato che
dobbiamo avere presente quando parliamo dei giovani, e non solo per quanto riguarda la
droga, infatti ci sono altre forme di devianze che dovrebbero vederci appassionatamente
insieme e non vederci urlare in nome e in difesa, magari, di qualcuno che è presente e
purtroppo vive la questione drammaticamente sulla propria pelle.
Esiste, dunque, una generazione che è esclusa in qualche maniera da questa società e
dobbiamo fare di tutto per riportarla appieno al suo interno. E allora vediamo quello che
si può fare. Noi abbiamo presentato un ordine del giorno ed una serie di emendamenti alla
mozione degli antiproibizionisti, ma quello che vogliamo col nostro ordine del giorno è
innanzitutto ripartire da quello che già oggi si può e si deve fare per legge ossia
potenziare tutte quelle normative previste dal nostro Parlamento per quanto riguarda, ad
esempio, i SERT.
Inoltre vogliamo una forte politica di riduzione del danno e tra l'altro il Comune è
fortemente impegnato in questo senso e felicemente l'Amministrazione locale si èschierata
a fianco della U.S.L. per risolvere anche alcuni problemi logistici come l'apertura dei
SERT e del centro di distribuzione del metadone, che finalmente ha smesso di essere in
quel posto angusto che era la sala d'attesa del pronto soccorso di Sampierdarena. Inoltre
sostiene con energia il progetto "Fenice" su una forte politica di riduzione del
danno e quindi crediamo che sia necessario andare oltre e che si opportuno che il
Parlamento discuta seriamente di tutte le proposte di legge che sono state avanzate, tra
cui vi è quella di fare uscire comunque dal circuito penale i consumatori di droghe
leggere.
Oggi non è così e si rischia anche per l'hascisc di andare in galera e credo che in
luoghi simili non ci sia molto da imparare, infatti, considerata la situazione attuale
delle carceri in Italia, si può dire che non se ne esce certo migliorati. Crediamo,
inoltre, seriamente che vada affrontata la possibilità, non solo nella nostra cittàma in
più città e possibilmente in tutto lo Stato, di somministrare ad un certo numero di
pazienti ossia ad un numero ristretto di pazienti, in maniera sperimentale, anche l'eroina
o altri oppiacei. Questo non come ultima spiaggia, per un cedimento ad un uso diffuso di
droga, ma come risposta tecnica ad un problema che abbiamo.
Bisogna ampliare le possibilità esistenti di cura e di trattamento al metadone che danno
un certo tipo di risultati e bisogna prendere atto fino in fondo che c'è la possibilità
di andare oltre e quindi con tutti i tecnici e gli scienziati disponibili trovare le forme
perché sia possibile anche una somministrazione controllata dell'eroina. Questo per dare
dignità anche a chi convive con questo dramma e per dare un elemento di sicurezza a
tutti.
Io credo che l'A.I.D.S. abbia fortemente cambiato l'approccio con questa tematica,
generando una sorta di paura per il diffondersi di questo virus che non è legato solo ad
alcune categorie di persone, in quanto tutti noi ci auguriamo che i nostri figli non
abbiano mai a che fare con l'eroina ma speriamo altresì che abbiano anche una normale
vita sessuale. Quindi sappiamo benissimo che ci possono essere dei rischi in questo senso
e allora convivere con formule nuove rappresenta anche un'occasione per dare dignità ad
una persona che non riesce ad uscire da quel dramma e per dare rassicurazione e sicurezza
a tutti quanti perché, appunto, nessuno è immune non solo dalla droga ma anche da quello
che la droga può comportare.
Io credo - e concludo - che i partiti dovrebbero avere la capacità di ascoltare chi da
tempo è impegnato seriamente su questo terreno e cioè sia gli operatori pubblici che
quelli privati. Fondamentale è stato anche il ruolo che hanno avuto le associazioni delle
famiglie nella nostra città per trovare convergenze nell'affrontare questo tema e abbiamo
rispetto anche per esse, ma noi crediamo, appunto, senza nessuna deriva antiproibizionista
dal punto di vista ideologico-culturale, che provare e sperimentare strade nuove sia
giusto ed anche necessario."
Mario Tullo
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Intervento di Franco BAMPI (Polo Nord)
"Premetto che il partito a cui appartengo, Forza
Italia, sul tema della legalizzazione della droga lascia libertà di coscienza e quindi
parlerò a titolo personale, facendo alcune considerazioni personali su questo problema
che è molto complicato. In effetti ritengo che vi siano ragioni da entrambe le parti e le
ragioni da entrambe le parti si possono anche riassumere e vedere. Ebbene, la ragione che
spinge gli antiproibizionisti a fare la loro proposta è quella di scoraggiare sotto il
profilo economico coloro che della droga fanno mercato e quindi, nel tentativo di togliere
questo incentivo economico, quella di scoraggiare lo spaccio ed evitare che chi necessita
di droga debba ricorrere ad atti di microcriminalità e criminalità per procurarsi il
denaro necessario per il proprio uso e consumo di queste sostanze.
In questo senso vedo l'aspetto positivo della tutela di quelli che sono poi i destinatari
di questi atti di microcriminalità che solitamente costituiscono la parte debole della
società ossia gli anziani, le donne e cosìvia. Quindi in questo senso credo che abbiano
ragione gli antiproibizionisti quando dicono che bisogna tutelare anche questa parte della
società. Diversa è la posizione di chi èproibizionista, perché questi vede comunque la
tutela di chi non ha ancora avuto accesso al mercato della droga e può essere scoraggiato
dal fatto che questo mercato ha un costo e che, una volta entrati in questo mercato, il
costo e la necessità di avere continuamente denaro per foraggiarsi e per potere quindi
acquisire la droga possa essere un disincentivo a cominciare.
Oggi, effettivamente, cominciare rappresenta un altro problema complicato perché mentre
agli inizi del fenomeno si poteva pensare che ci fosse ignoranza in merito credo che ogni
ignoranza non ce ne sia più, infatti sono noti ormai sia i danni che possono provocare le
sostanze stupefacenti, sia il fatto che iniziare ad assumere queste sostanze, anche se
queste sono classificate come droghe leggere, poi induce per vari motivi ad assumere anche
droghe pesanti. Quindi chi invoca il proibizionismo vede una forma di tutela di quella
parte che ugualmente debole èperché può essere la parte dei giovani che potrebbero
avere, quindi, maggiore difficoltà ad accedere a queste sostanze e pertanto una maggiore
tutela.
Devo dire, in verità, che è difficile in questi due aspetti dare torto agli uni e agli
altri, perchéparadossalmente siamo proprio in una situazione conflittuale in cui esistono
due diverse opinioni egualmente valide, egualmente interessanti ed egualmente richiedenti
una tutela a livello sociale di alcune parti della nostra società.
Io ritengo che, in realtà, sia poco importante, se non proprio per una valenza politica e
quindi per interessi politici che possono avere le varie parti, porci il problema se a
Genova deve esserci proibizionismo o antiproibizionismo. Purtroppo credo che il problema
vada affrontato a livello globale. Il vero problema che ci troviamo di fronte è il
problema di paesi consumatori che si trovano in contrasto con paesi produttori.
Ci sono paesi che basano fortemente la loro economia sulla produzione di droga, anche se
non consumano perché in generale ci sono forti divieti al consumo. Il problema è se i
paesi consumatori sono in grado di assumere una posizione nei confronti dei paesi
produttori. Io credo che andrebbe bene qualunque posizione purché fosse assunta da tutti;
va bene una posizione proibizionista, allora la posizione proibizionista deve arrivare al
punto di distruggere -perché si sa dove sono collocati - i campi di produzione di droga.
Inoltre, dal momento che abbiamo già sperimentato che posizioni antiproibizioniste
limitate hanno fallito, è opportuno evitare la creazione di zone in cui è consentito il
consumo della droga.
Quindi il vero problema è questo, però, per contro, noi ci scontriamo con un'altra lobbi
fortissima ed emergente che è quella che fa capo ai SERT attraverso la distribuzione del
metadone. Io vorrei sapere quale sia il giro di affari che sta dietro al metadone.
Personalmente non lo conosco, ma sono convinto che quella della distribuzione del metadone
sia una terza posizione e ho anche sentito che persino il metadone può creare - non so se
in maniera temporanea o permanente - danni.
Ci sono alcuni farmacologi di rilievo, anche a Genova, che sostengono che il metadone non
va distribuito in quanto è dannoso. E' anche vero che i SERT sono nuove strutture che si
aggiungono ed in un momento di crisi occupazionale qualunque nuova struttura può avere
una sua significatività. Noi andiamo a toccare un problema estremamente complicato dove
gli interessi sono rilevantissimi e diffusi. Io mi auguro che non solo la città di
Genova, la città di Torino o quella di Stoccolma ma tutti i paesi consumatori siano
capaci di prendere una posizione unitaria definitiva. A questo punto credo che una delle
due soluzioni potrebbe avere l'esito di sconfiggere definitivamente il mercato della
droga, perché questo è il vero problema.
Vorrei fare ancora una nota sulla questione del proibizionismo, perché se uno fosse
davvero rigorosamente proibizionista - e qui non mi pare di avere sentito posizioni in
questo senso - dovrebbe anche reclamare la responsabilità penale del consumatore,
dopodiché la pena può essere una contravvenzione e quindi con le depenalizzazioni
un'ammenda pecuniaria. Quindi abbiamo effettivamente posizioni estremamente diversificate,
ciascuna delle quali tocca nella sua parte un punto di tutela di parti deboli della
società e credo che comunque siano non risolventi. Pertanto mi asterrò sulle mozioni,
lasciando prendere a chi ha più certezze di me delle posizioni in questo Consiglio
Comunale."
Franco Bampi
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Intervento di Lucia Deleo (P.D.R.C.)
"Siamo nuovamente, a distanza di circa due anni, a
discutere su tematiche legate alla tossicodipendenza con la presentazione di mozioni. Per
fortuna il clima si è calmato perché così com'era partito non era possibile discutere
serenamente. Ebbene, circa un mese fa, dopo un lungo silenzio sull'argomento,
improvvisamente il Sindaco èritornato a parlarne. Quel giorno nessuno di noi consiglieri
prese la parola e questo certamente non perchénessuno di noi aveva niente da dire o
perché di questo non si voglia parlare, infatti come Gruppo abbiamo sempre affrontato e
continueremo a farlo le mille questioni sociali che si presentano nel quotidiano,
questioni che portano in generale pochi voti, tanto è vero che i bambini non votano e
spesso neanche coloro che vivono in situazioni di disagio. Ma, ahimé, lo ricordo sempre,
la vita della maggior parte delle persone è costituita essenzialmente da questi atti e da
questi problemi.
Anche oggi, ultimo giorno di seduta consiliare prima di Natale, affrontiamo una questione
come si è visto non facile, una questione spinosa, che, però, come giustamente osservano
i colleghi Popolari, non può essere confinata solo in un'ottica sanitaria. Ma è anche
vero che occorre domandarsi ora, prima che sia troppo tardi, se le politiche fino ad oggi
seguite nell'affrontare questa questione abbiano sortito effetti positivi.
Un dato che ho consultato in questi giorni (stamattina c'è stato un seminario sul disagio
giovanile) mi faceva riflettere: presso i minori il 60% di condanne è inerente proprio a
reati per droga, mentre tutti gli altri reati, in genere, non danno luogo a procedere.
Purtroppo, per motivi di lavoro, questa mattina non ho potuto essere presente a questo
seminario e quindi non ho potuto capire se su questa cosa ci si è soffermati.
Quindi ciò che andiamo ad indagare stasera avrebbe potuto probabilmente essere già
discusso quando lo propose la prima volta l'allora consigliere Pezzuto. Ora, non saremo
certo noi a prendere le sue difese, in quanto molto ci divideva e ancora ci divide dalla
sua concezione della politica, della vita, del lavoro e della dimensione sociale, ma credo
che, se si fossero accettate allora le sue proposte, che in fondo richiedevano un
approfondimento collettivo che andasse oltre al nostro Comune per verificare la
possibilità di tentare strade diverse da quelle esclusivamente repressive, in questo
momento avremmo già compiuto passi avanti almeno nella direzione dell'indagine e avremmo
cominciato a porre le basi per programmare nuove modalità d'intervento con la città,
cioècon chi da molto tempo si occupa di tossicodipendenze sia nell'associazionismo e nel
privato sociale, sia nel servizio pubblico, sia con tutti coloro che subiscono
direttamente o indirettamente il problema, cioè con quella società civile della quale
spesso ci riempiamo la bocca ma che, invece, sta velocemente scivolando nella barbarie e
nella guerra intestina.
Per educazione non sono una nonviolenta, né tra coloro che non userebbero mai l'arma
della repressione, anche se non mi piace, ma è la ragione a farmi dire che fino ad ora la
repressione nel campo delle tossicodipendenze ha solo aggravato il problema e forse ha
reso più affascinante l'uso di alcuni metodi di alterazione delle coscienze, in
particolare agli occhi delle persone giovani.
Ho volutamente usato il termine di metodo per alterare la coscienza perché di questo si
tratta. Le conseguenze fisiche dei diversi metodi e le loro differenze sono state
ampiamente sottolineate anche dagli altri gruppi e penso che siano ormai note a tutti. Noi
abbiamo, invece, due ordini di problemi da affrontare. Uno, che è quello su cui ci si è
maggiormente soffermati, è modificare la situazione attuale evitando che degeneri, quindi
adottare politiche di riduzione del danno che, però, non significano sanitarizzare il
problema ma mettere in campo ipotesi complesse di intervento su settori diversi, compreso
quello sanitario e quello legislativo, per chi ora vive immerso nel problema, senza con
questo rinunciare alla possibilitàdi recupero. Il consigliere Basso ricordava la tesi n.
78dell'Ulivo. Io ricordo che l'art. 3 della Costituzione parla di rimozione delle cause
del disagio e quindi va ben al di là.
L'altro punto, però, è quello di evitare ovviamente che la situazione attuale si
ingigantisca ulteriormente nel futuro e pertanto quello di attuare vere politiche
preventive. Ma l'una e l'altra questione si intersecano tra loro. Finché la nostra
società continuerà a richiedere ad ogni individuo di rispondere a determinati cliché,
pena la sua messa al bando, i metodi di alterazione delle coscienze, si chiamino alcool,
tabacco e caffè, per citare quelli riconosciuti nella nostra cultura, o cannabis e
derivati oppure oppiacei, oppure più subdolamente psicofarmaci che la pubblicità
televisiva e persino radiofonica ci stimola ad utilizzare per dare il meglio di noi,
saranno sempre ricercati.
Ma il problema non è solo essere coscienti che si sta utilizzando un alteratore della
coscienza, che sarebbe giàun passo avanti perché quello successivo è chiedersi il
perché e quello collettivo è vedere insieme che fare per evitare la paura di guardare in
faccia la realtà rendendola migliore. Sappiamo che interventi in questa direzione ce ne
sarebbero da fare a iosa. Il Sindaco citava per la nostra città, che gode, come
ricordavano tutti, di un ben triste primato, la necessità di cominciare a risolvere il
problema occupazionale, ma aggiungerei anche quello aggregativo cioèla carenza di spazi
sociali, la incapacità di trovare percorsi comuni, di progettare assieme, di immaginare
la società sociale e, dopo anni di continuo depauperamento anche culturale di quartieri
che erano già poveri, l'inconsistenza agli occhi di una città sempre più anziana delle
esigenze dei pochi giovani rimasti, la loro impossibilità di esistere, la difficoltà che
incontra la formazione di una città dei bambini, nonostante la nostra adesione alla carta
delle città educative.
Purtroppo da questo passo collettivo siamo distanti, perché, invece, in questi anni i
solchi, le divisioni e le guerre tra poveri sono aumentate, ma il problema è anche quello
che occorre fare i conti con un mercato che sul proibizionismo ha costruito un impero e
che dall'attuazione di politiche non repressive ricaverebbe solo un danno. So che molte
comunità terapeutiche - ma comunque anche i gruppi consiliari hanno dimostrato in
Consiglio che ci sono grosse differenze - hanno preso posizione contro la legalizzazione
delle droghe leggere e l'uso terapeutico di oppiacei.
Nella mozione dei Popolari ma anche in quella della Lista Pannella si propongono ipotesi
di percorso che non portano immediatamente ad assumere provvedimenti che diventano subito
operativi, oggi come due anni fa. Condividiamo le proposte avanzate dalla Lista Pannella,
così come condivisi a suo tempo, l'unica volta che mi trovai d'accordo con il consigliere
Pezzuto, la mozione da lui presentata, anche se condivido la necessità di non
banalizzare, né semplificare aprioristicamente il problema come propongono i Popolari.
Pure credo che, affinché i messaggi in riferimento alle droghe leggere non siano -come ci
ricordava il consigliere Basso - un incentivo alla "cultura dello sballo" tra i
giovani, occorra prima di tutto chiarire che i metodi endogeni per alterare le coscienze
sono molti, che sono molti quelli che tutti noi quotidianamente usiamo e che maturità
significa anche sapere e poter scegliere se vogliamo alterare la coscienza, come e
perché.
Diversamente ingigantire le conseguenze indotte da un metodo piuttosto di un altro -
perché, ad esempio, l'alcool è nella nostra cultura e la cannabis no - potrebbe anche
indurre una persona giovane ad attribuire a quella sostanza ruoli e proprietà che in
realtà non possiede. La dipendenza psicologica da persone o sostanze non necessariamente
nocive si sviluppa facilmente soprattutto in persone giovani e in una città come la
nostra che non offre loro molte possibilità di sperimentare e di provare a costruire il
futuro.
Forse, oggi, il Consiglio Comunale si trova in condizioni diverse da due anni fa. Ad un
anno dalle elezioni, però, approvare la mozione Quaglia non procurerebbe e non procurerà
probabilmente grandi problemi a questa maggioranza. Non so se di qui a meno di un anno
saremo riusciti almeno a cominciare il percorso. Rimane l'amarezza di prendere posizione
solo alla fine del ciclo amministrativo, mentre è passata senza colpo ferire la
destrutturazione di servizi che già operavano in questo campo. Mi riferisco, per quanto
riguarda il Comune all'U.T.T., che è rimasto come progettazione ma senza piùgli stessi
punti di riferimento ufficiali. Mi riferisco al fatto di avere accettato senza fare molta
resistenza che i SERT fossero ridotti a cinque piuttosto che a nove come erano in origine
i servizi di salute mentale insieme ai SERT.
Giustamente, oggi, il P.D.S. denuncia la situazione in cui si trovano i SERT e noi
condividiamo questa denuncia. E anzi si è utilizzata la protesta anti-SERT, così come la
protesta anti-nomadi, come scusa per non parlarne più, con una città diventata
intollerante perché la riduzione delle risorse e dell'attenzione si è concentrata là
dove risorse e attenzione erano già scarse. Gridare poi alla prevaricazione del servizio
pubblico su privato sociale e terzo settore diventa sterile, se si pensa che il ruolo di
coordinamento per una programmazione comune, che auspico come si auspicano i Popolari,
dovrebbe essere svolta proprio da quei servizi ai quali non sono stati modificati i
connotati ma che sono addirittura scomparsi con semplice atto dirigenziale. Ciò non
significa che tali atti siano illegittimi, ma, visto che perfino l'A.M.G.A. e la
SocietàAutostrade si scusano con i cittadini e li avvisano di un possibile peggioramento
del servizio per lavori in corso, anche l'Amministrazione Comunale avrebbe dovuto
perlomeno fare lo stesso.
Se attivare il percorso di distrettualizzazione dei servizi sociali, che preferirei
socio-sanitari, non solo èdovuto per legge ma è anche auspicabile, sarebbe stato
necessario un reale coinvolgimento della città a partire dalle assemblee elettive e
un'attenzione diversa al governo della fase di transizione. Invece il coinvolgimento del
Consiglio Comunale, richiesto da un ordine del giorno nel gennaio di quest'anno, è stato
molto sofferto. Ricordo che le commissioni consiliari di audizione si sono svolte tra fine
maggio e inizio giugno, con modalità che hanno impedito che la città potesse chiederci
cosa stava succedendo e potesse incidere sul processo.
Se a ciò aggiungiamo che il Comune distrettualizza tipologie di intervento che la U.S.L.
non è intenzionata a distrettualizzare come, appunto, il SERT, il quadro diventa ancora
più complesso e schizofrenico. Io stessa, all'inizio di quest'anno, auguravo
all'Assessore Rossetti e mi auguravo una capacità di gestione e organizzazione da parte
dell'Amministrazione Comunale proprio nella fase di transizione. Ebbene, non mi sembra di
poter dire che questo sia avvenuto, né che la città ne sia stata adeguatamente
informata; forse siamo ancora in tempo per l'una e l'altra cosa, ma le risposte che ricevo
costantemente dagli uffici dell'assessorato mi confermano che la distrettualizzazione dei
servizi sociali procede, indipendentemente dalla programmazione delle assemblee elettive e
del loro ruolo di indirizzo e di controllo. Ma, mentre questa città si spegne ogni giorno
che passa, mi ostino a credere che la speranza sia l'ultima a morire."
Lucia Deleo |