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Intervento di Roberto Quaglia (Lista Pannella)
Quando ero ragazzino e andavo a scuola, ricordo
che fra le varie cose mi fu insegnata a sommi tratti la storia d'America. Uno dei fenomeni
più raccapriccianti che ci insegnavano della storia d'America era l'abominio della
colossale tratta degli schiavi che secoli fa segnò un'intera epoca. I mercanti di schiavi
approdavano con le loro navi sulle coste africane, irrompevano armati fra le indifese
tribù locali e letteralmente rapivano migliaia e migliaia di esseri umani che come
bestiame venivano trasportati in America per essere ridotti in schiavitù nei campi di
cotone e altrove. Poi ci fu la guerra di secessione. Come sappiamo, vinsero i nordisti, la
schiavitù fu abolita, e tutto fu bene quel che finì bene.
E' quindi forse in virtù di questo nostro comune retaggio culturale che negli ultimi anni
ho dovuto rendermi conto con crescente sgomento che tali orrori del passato, i quali -
ritengo - continuino ad essere insegnati nelle scuole italiani come tali, sono tutt'altro
che morti e sepolti. Peggio, tali orrori sono fra noi, fra noi italiani, fra noi genovesi,
ed ecco perché la faccenda riguarda da vicino anche il nostro Consiglio Comunale, perché
noi, noi italiani, noi genovesi, siamo a pieno titolo partecipi a questi orrori, anche se,
per ragioni di bassissima convenienza, ben pochi di noi amino rendersene conto e
preferiscano nascondere a sé e agli altri questo infame stato delle cose.
Per chi sia così cieco da non avere ancora capito di cosa diamine io stia parlando,
specifico che mi riferisco alla tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.
Un particolareggiato e attendibile studio di Caritas, Parsec e Università di Firenze
stima che vi siano oggi in Italia da 19.000 a 25.000 ragazze straniere dedite alla
prostituzione, la quasi totalità delle quali si trova in regime di schiavitù. Ripeto il
concetto: da 19.000 a 25.000 ragazze, la quasi totalità delle quali vive in vero e
proprio regime di schiavitù! Non è una mia opinione, signor Presidente, signor Sindaco,
signori e signore colleghi. Si tratta di una situazione oggettiva di fatto, emergente in
modo incontrovertibile dagli atti di un recente seminario promosso in proposito dalla
Caritas Italiana, i più significativi argomenti del quale sono stati da me ripresi fra le
premesse nella mozione che sto illustrando e quindi non li ripeto per esteso in questo mio
intervento.
Quindi decine di migliaia di schiave fra noi, come decine di migliaia di schiavi in quella
lontana America schiavista che a parole - ahinoi spesso solo a parole - siamo tutti così
pronti a condannare senza dubbi, né appello. Certo, non è la stessa cosa, dirà
qualcuno. Ma, rispondo io, le diversità che pure ci sono non ci fanno onore alcuno,
poiché si tratta di differenze apparenti e non sostanziali, un velo ipocrita con funzioni
di alibi per le coscienze.
Eh, già, signore e signori miei, la schiavitù in Italia oggi esiste, ma agli utenti
finali di questo abominio - coloro per i quali esso viene compiuto - non fa comodo sapere
che di schiavitù si tratti. Rovinerebbe magari il loro pubico piacere. La schiavitù
moderna si traveste per evitare scrupoli di coscienza a chi faccia uso dei servizi che
essa offre. A Genova come in Italia, signore e signori miei, oggi si va a puttane - e mi
perdonerete se cito la Realtà con il linguaggio della realtà - nella erronea convinzione
di pagare una libera ragazza che liberamente ha scelto di effettuare prestazioni sessuali
in cambio di denaro. Invece, nella maggioranza dei casi, non è affatto così. La realtà
è diversa da come per convenienza appaia. La maggior parte delle ragazze viene attirata
nel nostro paese con l'inganno, e una volta qui, da noi, in Italia, un paese che ci piace
credere libero, viene ridotta in schiavitù.
Andando a cercare il pelo nell'Uomo, non è per nulla infondato supporre che anche ai
tempi della schiavitù in America, i beneficiari dei servizi effettuati dagli schiavi
avessero poca coscienza dell'aspetto riprovevole del fenomeno cui erano partecipi.
Dopotutto, non erano essi ad avere rapito esseri umani e ad averli ridotti in schiavitù.
Essi pagavano gli schiavi all'atto dell'acquisto, quindi li alloggiavano e nutrivano vita
natural durante in cambio del loro lavoro. Probabilmente, ai loro occhi non c'era nulla di
strano e riprovevole. Dopotutto, anche oggi il mondo libero è pieno di persone che con il
loro lavoro riescono a malapena a garantirsi il necessario vitto e un alloggio. Per non
parlare dei senza-lavoro nei paesi dove a non lavorare si muore subito di fame. Gli
schiavisti americani avevano quindi probabilmente un'ottima opinione di sé e di ciò che
facevano, poiché evidentemente non vedevano in ciò nulla di male, proprio come molti
cittadini italiani, oggi, ritengono perfettamente normale e conveniente avvalersi più o
meno sistematicamente dei servizi sessuali delle schiave loro offerte per strada. Il gesto
di pagare la prestazione infatti libera il cliente da ogni sospetto di avere abusato di
una schiava. Ma noi sappiamo che quei soldi andranno a finire nelle tasche degli
schiavisti, ai quali quelle ragazze letteralmente appartengono.
Inoltre, c'è da considerare un altro argomento: La psiche umana è ben curiosa materia.
Gli esseri umani, soprattutto quando sono giovani, acquisiscono l'identità propria in
base a ciò che abitualmente fanno. Ragione per cui, la maggior parte di queste ragazzine
sbattute sul marciapiede contro la loro volontà, dopo qualche tempo si rassegnano ad
essere ciò che sono state costrette a diventare. Questo non valga da alibi per nessuno.
Anche al tempo dello schiavismo in America, in gran parte degli schiavi alla fine non
rimaneva altro che l'identità di schiavo. Molti di coloro che laggiù nascevano schiavi,
non sognavano affatto di venire un giorno liberati, tanto essi erano anche mentalmente
schiavi. Tutto ciò non giustifica né lo schiavismo di allora, né quello di oggi.
Ma ciò che veramente m'inquieta, devo confessare, non è esattamente il fatto che oggi in
Italia, nonché oggi a Genova, sia praticato lo schiavismo e che i cittadini italiani e
quelli genovesi ne siano gli utenti. Dalla massa degli esseri umani, più di tanto mi sono
rassegnato a non aspettarmi. Ciò che mi inquieta è che le istituzioni stesse della
nostra società civile siano praticamente inerti e indifferenti di fronte a un tale stato
delle cose. Qua e là qualcuno s'indigna, è vero. Ma sono individui isolati. E servono a
poco. Le istituzioni in quanto tali sono a tale proposito ferme, immobili, del tutto
inutili, in tutt'altre faccende affaccendate. Questo stato delle cose deve cambiare
rapidamente. E' intollerabile che un paese che si dice civile, nel quale tutti fanno a
gara nel tutelare i diritti di chicchessia purché la faccenda garantisca ritorni
economici o elettorali, si tengano gli occhi fortissimamente chiusi per non vedere e non
contrastare la vergognosa violazione dei diritti umani che nel nostro paese oggi si compie
con il perdurante sfruttamento sessuale coatto di giovani ragazzine straniere che hanno
sognato una vita migliore nel nostro paese, e alle quali il nostro paese oggi invece
riserva solo schiavitù e stupri. Se le mie parole suonano melodrammatiche a qualcuno,
garantisco che esse sono invece assai meno drammatiche delle efferatezze che le ragazze
deportate - Sì! Deportate! - nel nostro paese sono costrette a subire. Il 25 aprile
scorso, Festa della Liberazione - e Dio solo sa quante migliaia di ragazzine straniere
oggi in Italia sognano di essere liberate dalla loro deportazione in Italia - il 25 aprile
scorso vicino a Trezzo sull'Adda, viene ritrovata una ragazza albanese morta. Il lato
sinistro del volto è divelto da tre colpi di martello. Il corpo è squartato dalla
trachea al pube e da rene a rene. Squartato a croce per estrarre il figlio di tre mesi che
stava allevando in grembo. Squartata platealmente per mostrare alle altre schiave cosa
sarebbe accaduto a chiunque avesse tentato di sfuggire alla prostituzione concependo un
figlio. Anche questa è l'Italia oggi. Bisogna aprire gli occhi, rendersene conto e agire
di conseguenza.
A Genova, come nel resto d'Italia, si violano oggi dei diritti umani! Quante volte questo
Consiglio si è fermato a spendere parole per commemorare orrori lontani nel tempo, per
stigmatizzare i diritti umani violati altrove? Tutto va bene, tutto è sacrosanto e noi lo
sappiamo bene, ma a patto di non trascurare l'orrore più grosso di tutti per via del
fatto che ci riguarda direttamente essendone noi partecipi. Sì, partecipi! Dove non c'è
domanda, non si sviluppa un mercato. La tratta delle schiave in Italia oggi c'è perché a
molti italiani fa comodo che ci sia, anche se per vigliacca ipocrisia essi fingono che non
ci sia, e perché agli altri italiani, che delle schiave non si servono, del destino di
queste importa poco per non dire nulla.
Quando la Francia ha recentemente effettuato le note esplosioni nucleari, una parte di noi
italiani ha boicottato il mercato dei prodotti francesi. Perché nessuno di codesti
virtuosi ha mai chiesto a gran voce di boicottare il mercato della prostituzione
schiavista? Una parte di noi italiani ogni tanto addirittura invoca a gran voce il
boicottaggio di una rete televisiva o l'altra. Perché nessuno di codesti virtuosi ha mai
chiesto a gran voce di boicottare il mercato della prostituzione schiavista? In Italia
volentieri si boicotta di tutto: dalle tasse alle regole, dalle pellicce di visone
d'allevamento ai libri degli intellettuali non d'allevamento. Ai referendum. Lungi da me
il gesto di contestare le ragioni di alcun boicottaggio. Ognuno è libero di boicottare
ciò che più gli garba. Però mi chiedo: Perché nessuno di codesti virtuosi ha mai
chiesto a gran voce di boicottare il mercato della prostituzione schiavista?
Ciò che manca a tal proposito in Italia, è la consapevolezza di quanto stia accadendo. I
campi di concentramento nazisti e lo sterminio degli ebrei furono possibili perché
nessuno allora in Germania, a parte i gerarchi nazisti, seppe o volle sapere cosa stesse
accadendo. La schiavitù oggi in Italia, fatte le debite proporzioni, prospera per le
stesse ragioni: l'indifferenza e la cecità di tutti che lasciano mano libera a pochi
criminali.
Cosa possiamo fare noi, il nostro piccolo e modesto Consiglio Comunale, per fronteggiare
con dignità questo indegno stato delle cose? Non moltissimo, in verità. Ma neppure poco.
In realtà, possiamo fare esattamente tutto il possibile, ovvero ciò che ci viene in
mente di poter fare in proposito, e che rientra nelle nostre facoltà di fare. Mi sono
concesso una tautologia, per evidenziare il nostro dovere di non lasciare nulla
d'intentato per fronteggiare come si deve questo genere di situazione.
Innanzitutto, dobbiamo renderci pienamente conto della gravità del problema. Dubito che
tale consapevolezza già ci sia, in questo Consiglio, nella dovuta misura. Ricordo che
quando per la prima volta, in conferenza dei Capigruppo, menzionai il fatto di avere in
lavorazione una mozione sul problema della schiavitù a Genova, suscitai ilarità in
alcuni colleghi - e anche in un assessore! A tale proposito, cito testualmente le parole
di recente pronunciate dal Ministro Livia Turco: "...discutendo della
"tratta" con una giornalista già sensibile al problema, ho notato che la mia
interlocutrice rimaneva un attimo attonita per il tipo di terminologia usato da me."
Sono parole del ministro Livia Turco. Assistiamo senza vederla - gli occhi foderati di
prosciutti televisivi - a una vera e propria tratta delle schiave, che la coscienza stenta
a cogliere in tutta la sua efferatezza, tanto essa sembra uscita da un improbabile incubo
di oscuri ricorsi medievali. Eppure, dobbiamo renderci conto della gravità della
situazione, altrimenti mai avremo la forza di pensare e di fare qualcosa di realmente
utile verso il superamento di questo dramma.
Sempre il ministro Livia Turco, nella stessa occasione asseriva: "Sarà quindi
giusto il coinvolgimento a livello locale delle Amministrazioni, perché esse intervengano
e sostengano le proposte e si facciano carico del problema." Sono d'accordo. Le
città sono il luogo dove il problema si afferma e si concentra. E' nelle città che
l'infezione della schiavitù moderna ha i suoi peggiori focolai, è nelle città che si
devono mobilitare gli anticorpi per tornare ad una sanità civile degna di tal nome.
Abbiamo poche armi. Le dobbiamo usare tutte. Dobbiamo per prima cosa prevedere e rendere
velocemente operative strutture in grado di accogliere e proteggere tutte le schiave che
decidessero di tentare la fuga dalla loro orrenda condizione. E' un imperativo
imprescindibile. Come Amministrazione, non avremo forse il potere di strappare fisicamente
le vittime ai loro carnefici, ma sarebbe la più vergognosa omissione di soccorso non
prepararci ad accogliere ed aiutare le ragazze che a rischio della vita propria e di
quella dei loro cari - che non di rado sono tenuti in ostaggio nei loro paesi d'origine -
osassero tentare la fuga dal loro inferno. Credo che qualche tempo fa l'Amministrazione
abbia annunciato la costituzione di un osservatorio su questo problema. Spero che l'abbia
fatto. Ma osservare non basta più! Si osserva un panorama, di fronte ad un dramma si
interviene! Senza che io voglia mancare di rispetto ad alcuno, ammonisco che
l'osservazione del problema non seguita da iniziative concrete rischierebbe di degenerare
in un fatuo e sterile voyeurismo. Non credo sia questa la volontà della giunta, e mi sono
concesso la frase precedente per imprimere in modo quanto più indelebile in tutti noi
l'urgenza di una svolta concreta e tangibile nell'impegno di noi tutti per la lotta alla
schiavitù nella nostra città e nel nostro paese. Come detto, abbiamo pochi strumenti. Ma
Davide abbatté Golia con una fionda.
L'informazione è il nostro miglior vaccino. Dobbiamo informare le centinaia o le migliaia
di ragazze che nella nostra città vivono in regime di schiavitù, di tutti i loro diritti
e opportunità. Le schiave sono in genere indottrinate a temere le forze dell'ordine e le
istituzioni italiane anche più dei loro carcerieri. Questa menzogna va fugata. Esorto
l'Amministrazione cittadina a stampare periodicamente opuscoli redatti nelle lingue
generalmente comprese dalle ragazze deportate nella nostra città, nei quali siano
chiaramente illustrati i loro diritti e le opportunità che lo stato italiano e il nostro
Comune offrono a loro tutela. Si distribuiscano capillarmente tali opuscoli fra le
prostitute che di sera affollano i marciapiedi e negli altri ambienti ove si sospetti che
le ragazze-schiave possano essere tenute nascoste. Si ripetano le stesse informazioni su
manifesti affissi in tutta la città. Si avvii una campagna di sensibilizzazione, diretta
a tutti i nostri concittadini, sulle esatte caratteristiche di tale infame stato delle
cose. Il ragazzino che di sera allegramente si carica una bella ragazza straniera in auto
per divertirsi un po', forse ci penserà due volte sapendo che è il suo gesto, sommato a
quello degli altri, ad alimentare un mercato delle schiave che senza domanda non ci
sarebbe. Ci penserà due volte e poi magari lo farà lo stesso, ma intanto ci avrà
pensato due volte, e altre due ci penserà la volta dopo. A furia di pensare, prima o poi,
potrebbe anche venirgli in mente qualcosa di nuovo. Potrebbe venirgli in mente, cioè, che
il piacere della sua trasgressione è d'un tratto inferiore al fastidio di sapersi
elemento causale e utente di una tratta delle schiave, e allora, e solo allora, magari
rinuncerà al suo sfizio.
Informare, informare, informare! Informare le schiave delle opportunità che loro si
offrono, informare i cittadini del crimine cui essi partecipano usando le schiave,
informare le nostre più altre cariche dello Stato della necessità di urgenti interventi
legislativi e organizzativi in proposito e della nostra piena disponibilità e volontà di
operare subito. Informare i più alti organismi internazionali delle nostre risoluzioni,
ed esortarli ad attivarsi su questi argomenti. Contattare tutti gli altri Capoluoghi
italiani per informarli delle nostre decisioni e stabilire vincoli di cooperazione.
Informare, ecco la prima cosa da fare. Seguono le altre. Spero si facciano. Se gli
italiani non sapranno superare l'attuale infamia di questa perdurante deportazione di
massa di migliaia di ragazze in schiavitù, tolte alle loro norme e alle loro famiglie
lontane per essere ridotte in coatta carne da sesso sui marciapiedi italiani, per
l'incosciente soddisfazione sessuale di tanti bravi italiani, ci sarà davvero, ma dico davvero,
da vergognarsi di essere italiani.
Anni fa, leggende metropolitane evocavano lo spettro di una tratta delle bianche, rapite
nei nostri paesi e vendute a oscuri sceicchi beduini di paesi lontani, nei quali harem
esse per sempre sarebbero rimaste recluse. Probabilmente tali leggende avevano del vero.
Nessuna persona che sia mai stata in tali fantomatici harem è mai tornata indietro a
raccontarlo. Come si sentirebbe ciascuno di noi se la propria figlia venisse rapita e
condannata a soddisfare per tutta la vita le voglie di qualche misero sultano della
propria oasi in mezzo a un deserto dimenticato? Ciò per fortuna mai o quasi succede.
Sicuro invece è che oggi accade l'inverso. Siamo noi italiani, per qualche genitore
lontano e per la spaurita mente delle ragazzine deportate da noi, gli immondi sultani che
con sprezzo di tutto fanno i propri bisogni dove, nonostante le apparenze posticce, non è
per nulla richiesto che tali bisogni si facciano. Prendiamone atto, e agiamo di
conseguenza in tutti i modi possibili.
Roberto Quaglia
Ill.mo Sindaco
del Comune di Genova
Ordine del Giorno
s u l l ' e m e r g e n t e p r o b l e m a d e l l a s
c h i a v i t ù
a f i n i d i p r o s t i t u z i o n e
a G e n o v a c o m e n e l l e a l t r e c i t t à i t a l i a n e
Il Consiglio Comunale di Genova
Contemplato che
nella Convenzione supplementare relativa all'abolizione della schiavitù, della
tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù, firmata a
Ginevra il 7 settembre 1956, si legge fra l'altro:
- PREMESSA:
- Considerato che la libertà è un diritto che tutti gli esseri umani acquisiscono alla
nascita;
- Coscienti di quello che il popolo delle Nazioni Unite ha confermato nella Carta, la loro
fede nella dignità ed il valore dell'essere umano;
- Considerando che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che l'Assemblea
generale ha proclamato come ideale comune da raggiungere per tutti i popoli e a tutte la
Nazioni, dispone che nessuno sarà tenuto in schiavitù e che la schiavitù e la tratta
degli schiavi sono abolite in tutte le loro forme;
- Riconoscendo che, dopo la conclusione, a Ginevra, il 25 settembre 1926, della
Convenzione relativa alla schiavitù, che mira a sopprimere la schiavitù e la tratta
degli schiavi, sono stati fatti nuovi progressi in questa direzione;
- Tenendo conto della Convenzione del 1930 riguardo il lavoro forzato e di quello che è
stato fatto in seguito dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro e di quello che
concerne il lavoro forzato obbligatorio;
- Constatato tuttavia che la schiavitù, la tratta degli schiavi e le istituzioni e
pratiche analoghe alla schiavitù non sono state ancora eliminate in tutte le regioni del
mondo;
- Avendo deciso in conseguenza alla Convenzione del 1926, che è sempre in vigore, di
avvalersi di una Convenzione supplementare destinata a intensificare gli sforzi, tanto
nazionali che internazionali che mirano ad abolire la schiavitù, la tratta degli schiavi
e le istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù;
- SEZIONE PRIMA
- Articolo primo.
Ciascuno Stato partecipante alla presente Convenzione prenderà tutte le misure,
legislative e altre, che saranno realizzabili e necessarie per ottenere progressivamente e
non appena possibile l'abolizione completa delle istituzioni e pratiche seguenti, là dove
queste esistono ancora, cioè quelle che rientrano o no nella definizione di schiavitù
che compare nel 1° art. della Convenzione relativa alla schiavitù firmata a Ginevra il
25/9/1926;
- a) la schiavitù per debiti ovvero la condizione che risulta dal fatto che un debitore
è impegnato a fornire, come garanzia di un debito, i suoi servizi personali o quelli di
qualcuno sul quale ha autorità; se il valore di questi servizi non è destinato alla
liquidazione del debito o se la durata di questi servizi non è limitata, ne il loro
carattere definito, si ha la schiavitù per debiti;
- b) la schiavitù, vale a dire la condizione di chiunque è tenuto per legge, abitudine
od accordo, a vivere e a lavorare su una terra appartenente a un'altra persona e a fornire
a quest'altra persona, in cambio di compenso o gratuitamente, alcuni servizi determinati,
senza potere cambiare tale condizione;
- c) Tutte le istituzioni ossia pratiche in virtù delle quali:
- I) una donna, senza che abbia il diritto di rifiutarsi, è promessa
sposa in cambio di una
- controparte in soldi o in natura versati ai suoi genitori, al suo tutore, alla sua
famiglia o ad altre persone o gruppi di persone;
- II) il marito di una donna, la famiglia o altri hanno il diritto di cedere la donna a un
terzo, a titolo oneroso o in altro modo;
- III) la donna può, dopo la morte di suo marito essere ereditata da un altra persona;
- d) ogni istituzione o prassi in virtù della quale un bambino o un adolescente di meno
di 18 anni è affidato, sia dai suoi genitori , o da uno di essi, sia dal suo tutore, ad
un terzo, con pagamento o no "alla consegna", in vista dello sfruttamento del
lavoro convenuto del bambino o dell'adolescente.
- SEZIONE II (Tratta degli schiavi)
- Articolo 3
- Il fatto di trasportare o di tentare di trasportare degli schiavi da un paese ad
un'altro con un mezzo di trasporto qualunque o il fatto di essere complice di queste
attività, costituirà un'infrazione penale nei confronti della legge degli Stati
Partecipanti alla Convenzione e le persone riconosciute colpevoli di una tale infrazione
saranno passibili di pene molto rigorose.
- a) Gli Stati partecipanti prenderanno tutte le misure efficaci per impedire alle navi ed
agli aerei autorizzati a percorrere il loro territorio, di trasportare gli schiavi e
prenderanno tutte le misure efficaci per punire le persone colpevoli di questi atti o
colpevoli di utilizzare il territorio nazionale a questo fine;
- b) Gli Stati partecipanti prenderanno tutte le misure efficaci perchè i loro porti, i
loro aeroporti e le loro coste non possano servire al trasporto degli schiavi.
- Gli Stati partecipanti alla Convenzione si scambieranno informazioni al fine di
assicurare il coordinamento pratico delle misure prese da essi nella lotta contro la
tratta degli schiavi e si informeranno reciprocamente di tutti i casi di tratta degli
schiavi e di tutti i tentativi di infrazione di questo genere dei quali saranno a
conoscenza.
- Articolo 4
Tutti gli schiavi che si rifugiano a bordo di una nave di uno Stato partecipante alla
presente Convenzione saranno liberi "ipso fatto".
- SEZIONE IV (Definizioni)
- Articolo 7
Al fine della presente Convenzione:
- a) La schiavitù, così com'è definita nella Convenzione dal 1926 è lo stato o la
condizione di un individuo sul quale si esercita l'attribuzione del diritto di proprietà
e lo schiavo è l'individuo che è in questa condizione.
- b) La persona "in condizione di schiavitù" è quella che è indicata nello
Statuto, ossia nella condizione che risulta da una delle istituzioni o pratiche viste
nell'articolo primo della presente Convenzione.
- c) La "tratta degli schiavi" stabilisce e comprende tutti gli atti di cattura,
d'acquisto o di cessione di una persona per ridurre la stessa in schiavitù, tutti gli
atti d'acquisto di uno schiavo in vista di vendere lo stesso o di scambiarlo, così come
in generale tutti gli atti di commercio e trasporto degli schiavi e quelli che sono i
mezzi di trasporto utilizzati.
- SEZIONE V (Cooperazione tra gli Stati Partecipanti e comunicazione di informazioni)
- Articolo 8
- Gli Stati Partecipanti alla Convenzione si sono impegnati a vicenda ad offrire un mutuo
concorso ed a cooperare con l'Organizzazione delle Nazioni Unite in vista delle
disposizioni elencate precedentemente.
- Gli Stati Partecipanti alla Convenzione si impegneranno a comunicare al Segretario
Generale delle Nazioni Unite copia di tutte le leggi, tutti i regolamenti e tutte le
decisioni amministrative adottate o messe in vigore per dare effetto alle disposizioni
della presente Convenzione.
- Il Segretario Generale comunicherà le informazioni acquisite, in virtù del paragrafo
secondo del presente articolo 8, agli Stati Partecipanti e al Consiglio economico e
sociale, il quale adotterà queste discussioni come documentazione su cui discutere e
procederà a porre nuove raccomandazioni riguardo l'abolizione della schiavitù, della
tratta degli schiavi o delle istituzioni e pratiche che sono l'oggetto della Convenzione.
- SEZIONE VI (Clausole finali)
- Articolo 9
Non sarà ammessa alcuna riserva alla Convenzione.
- Articolo 15
- La presente Convenzione a cui i testi inglesi, cinesi, spagnoli, francesi e russi
faranno legalmente fede, sarà depositata negli archivi del Segretario delle Nazioni
Unite. Il Segretario Generale ne stabilirà delle copie certificate adeguate ad informare
gli Stati Partecipanti alla Convenzione cosi come tutti gli altri Stati Membri delle
Nazioni Unite e le Istituzioni specializzate.
- In fede di ciò i sottoscritti debitamente autorizzati dai loro rispettivi Governi,
hanno firmato la presente Convenzione alla data che è rappresentata dalle loro rispettive
firme.
- Firmato all'Ufficio Europeo delle Nazioni Unite, a Ginevra, il 7 settembre 1956.
appurato che
- Nel testo della sentenza della Corte Costituzionale 8 Giugno 1981 n.96 troviamo che...
"La nozione di schiavitù o condizione analoga alla schiavitù intesa come condizione
di diritto contemplata negli articoli 600-602 del codice ... non teneva conto dell'art. 1
della Convenzione di Ginevra 25 settembre 1926 diventata legge interna italiana con r.d.
26 Aprile 1928 n. 1723... e rinnovata nella Convenzione di Ginevra 7 Novembre 1957
approvata con legge 20 dicembre 1957 n. 1304. Nell'elenco delle varie situazioni che la
Convenzione considera istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù varie di esse sono
situazioni di fatto e non di diritto perché realizzabili senza che nessun atto o fatto
normativo le autorizzi."
- E nel testo della sentenza della Corte d'Assise di Firenze, 23 Marzo 1993, troviamo
che...
"la schiavitù e la condizione analoga devono essere ritenuti elementi normativi
della fattispecie, la cui valutazione può essere comunemente compiuta o alla stregua di
una norma giuridica che qualifichi - positivamente o negativamente - una specifica
situazione di fatto come schiavitù o condizione analoga, ovvero in applicazione di
parametri storico-sociali, che consentano la repressione di fenomeni caratterizzati dai
medesimi aspetti di offesa della personalità individuale connotanti le figure di
schiavitù storicamente note."
- E che secondo Cassazione penale sez. V, 7 Dicembre 1989 in Dir. famiglia 1990, 1095...
"Chiunque riduca in condizione analoga alla schiavitù una persona (specie se minore
di età) od acquisti una persona trovantesi nella condizione predetta, non può invocare
la inevitabile ignoranza della legge penale: trattasi in vero di norme conformi al
principio di riconoscibilità, vale a dire tali da essere percepite anche come norme
extrapenali di civiltà, indubbiamente vigenti nell'ambiente socioculturale in seno al
quale le norme stesse operano."
preso atto che
la CARITAS ITALIANA, assieme a MIGRANTES, USMI, UISG, ASPE, ha realizzato il 6-7
Dicembre 1996 a Roma un seminario di studio sul tema "Tratta degli esseri umani a
scopo di sfruttamento sessuale", dagli atti del quale sono tratti i seguenti dati ed
argomentazioni:
- Alla vigilia del 2000 ci ritroviamo ad osservare un fenomeno che credevamo sparito per
sempre: la schiavitù. Oggi la donna e il minore immigrato vengono ridotti in schiavitù,
per poter essere oggetto di piacere, sfruttati sessualmente.
Questo fenomeno, da noi analizzato, coinvolge migliaia di donne immigrate, illuse,
ingannate e poi prostituite, costrette, cioè, con la forza prostituirsi, da
organizzazioni criminali italiane e straniere che hanno inventato ogni forma di ricatto,
anche affettivo, pur di ottenere facili guadagni e offrire "merce umana" da
consumare sessualmente.(Caritas Italiana, Migrantes,
Usmi, Uisg, Aspe)
- "LA TRATTA DELLE DONNE È PIÙ REDDITIZIA DEL TRAFFICO DELLE ARMI E DELLA
DROGA": questa dichiarazione fatta nel 1983 da Jean Fernand Laurent, rapporteur alle
Nazioni Unite per questa problematica, non ha perso la sua attualità e mette in luce
anche la correlazione che vi è fra i fenomeni citati. Essa ci fa subito coscienti della
durezza e complessità di questo che è il motivo del nostro convenire di oggi: la tratta
di esseri umani, in specifico donne, a scopo di abuso sessuale.
(Pino Gulia, Caritas Italiana)
- TRATTI DESCRITTIVI DEL FENOMENO
- L'aspetto quantitativo... Le stime nazionali presentate dal PARSEC (Associazione ricerca
e intervento sociale in collaborazione con l'Università di Firenze) confermano una
presenza che oscilla tra le 19.000 e le 26.000 unità; ma la cifra potrebbe essere molto
superiore se si considerano tutte le donne fatte transitare per l'Italia e destinate ad
altri paesi europei.
- Flussi e provenienze....
- Seppur con diverse strategie e con diversi livelli di coinvolgimento e consapevolezza da
parte delle donne, il tratto comune e distintivo di questo fenomeno è l'impossibilità
per le vittime di intervenire liberamente nella gestione del proprio progetto migratorio,
quindi, la reale condizione di schiavitù cui sono costrette.
- Tra il 1989 e il 1991: in concomitanza con alcuni eventi che coinvolgono l'Europa
e con la promulgazione della legge 39/1990 i flussi si incrementano notevolmente, con
arrivi significativi anche dall'Europa dell'Est. Dal punto di vista giuridico gli arrivi
sono prevalentemente clandestini, spesso gestiti e coordinati da vere e proprie agenzie di
trafficanti, sia italiani che stranieri.
- Tra il 1992 e il 1994: si caratterizzano per arrivi più consistenti dei
precedenti, principalmente dall'Albania e dalla Nigeria. Relativamente agli arrivi
dall'Albania si tratta di ragazze molto giovani, prevalentemente nubili, di provenienza
urbana, adescate da connazionali poco più vecchi di loro che, fingendosi innamorati e con
la promessa di un imminente matrimonio in Italia, le convincono ad espatriare e, in un
secondo momento, le costringono a prostituirsi. Le donne nigeriane sono mediamente meno
giovani delle albanesi, nubili, di provenienza urbana, spesso con esperienze professionali
di tutt'altro genere. Le nigeriane vengono adescate da connazionali che anticipano il
denaro necessario per i documenti e il viaggio: questo debito iniziale diventa uno dei
vincoli maggiori per la fuoriuscita dal traffico (attualmente la cifra si aggirerebbe
intorno ai sessanta milioni di lire). Infine, consistenti anche gli arrivi dall'Est
Europeo di ragazze impegnate nel lavoro di strada e, si ipotizza, all'interno di locali
notturni e centri estetici.
- Attualmente: predominano ancora la presenza albanese e nigeriana. Le
caratteristiche socio-demografiche delle donne, nonché le testimonianze degli operatori,
confermano una maggiore informazione sull'attività da svolgere in Italia, tuttavia una
maggiore consapevolezza non le tutela dai traumi successivi e continui cui sono sottoposte
per le condizioni di schiavitù in cui vivono. Gli arrivi più recenti sono caratterizzati
da ragazze con provenienza dai villaggi interni dei paesi ed un'età sempre più giovane,
soprattutto per le albanesi.
- Ipotesi di intervento...
(...) si ritiene opportuno considerare i seguenti presupposti (...):
- Che il fenomeno ha rilevanza locale e per questo necessita di una rete di lavoro e
sostegno che intervenga subito, concretamente, a favore delle vittime.
- Che il fenomeno ha rilevanza nazionale e internazionale e che pertanto necessita di un
dibattito politico vivace ed attento.
- Che i soggetti a cui indirizzare l' intervento sono da un lato le donne, a cui è dovuta
una risposta immediata e concreta e la società nel suo insieme, a cui indirizzare
un'informazione responsabile e non scandalistica sul tema e un lavoro di sensibilizzazione
a medio e lungo termine, dall'altro lato i clienti.
- Intervento operativo sulle vittime: approccio, accoglienza, orientamento, assistenza
psicologica e legale, accompagnamento in un percorso di autonomia in un'ottica di
coordinamento e di lavoro di rete tra le diverse risorse del territorio.
(Maurizio Ambrosini, Università Cattolica)
- Progetti personalizzati e realizzati sulla base delle reali esigenze delle persone
(ascolto, accoglienza, ricostruzione della personalità, riconciliazione con se stessa e
con gli altri...)
- Itinerari con obiettivi e fasi.
- Tutela giuridica (regolarizzazione, denuncia, assistenza giuridica...)
- Piccole forme di accoglienza, in comunità o famiglie.
- Possibilità di trasferimenti per sicurezza.
- Reinserimento sociale, scolastico, lavorativo.
- Possibilità di ritorno in patria, con opportune garanzie, per chi lo desidera.
- Collegamento con Ambasciate e Consolati italiani nei paesi di origine (visti) e delle
Ambasciate dei paesi di origine in Italia (appoggio, documenti, rientri.....)
(Maria Teresa Tavassi, Caritas Italiana)
- LA TRATTA DELLE DONNE STRANIERE IMMIGRATE IN ITALIA
... per la quasi totalità dei
nuovi soggetti che si vendono in strada, le prostitute immigrate, questo è un lavoro
schiavo: sono portate dalla tratta degli esseri umani a scopo di abuso sessuale. La
ricerca fatta dal Parsec e dalla Università di Firenze nell'aprile 1996 per la conferenza
di Vienna stima il loro numero - a detta di testimoni privilegiati - tra le 18.800 e le
25.100. Si tratta di dati approssimativi che avrebbero bisogno di maggiori conferme, ma
globalmente ne danno le dimensioni.
(Don Fredo Olivero, Caritas diocesana di Torino)
- Analisi della situazione
- La tratta delle donne africane (Nigeria, Ghana)
- L'immigrazione organizzata e massiccia in Italia di donne africane dell'area sub
sahariana (Nigeria in particolare, Ghana con passaporto nigeriano...) iniziato a fine '88,
ha avuto un forte incremento nell'89-'90 (soprattutto negli ultimi mesi quando era in
discussione la legge Martelli), è continuata in misura minore nel'91 fino ad oggi.
- In Italia, secondo dati raccolti nelle città capoluogo di provincia nel 1989, sono
almeno 6000 le donne nigeriane giunte con visto dell'Ambasciata italiana in Nigeria
(Lagos) che svolgono il lavoro di prostituta in strada.
- Nella sola provincia di Torino sono oltre 600 quelle che vivono e rappresentano la quasi
totalità delle donne nigeriane presenti sul territorio, ed esercitano la prostituzione di
strada in tutta la regione.
- Provengono tutte dalle stesse aree del sud della Nigeria, dalle città di Benin City,
Lagos o da qualche cittadina dell'interno e appartengono alle tribù Ibo, Yoruba, Benin,
Edo.
- Come arrivano in Italia
Vi riportiamo i dati delle testimonianze di centinaia di ragazze, confermate da prove e
riscontri oggettivi.
- L'arrivo - per quasi tutte, fino al 1991 - è l'aeroporto di Roma ed ultimamente Linate
e Malpensa, e la partenza - per tutte - è l'aeroporto di Lagos (Nigeria), con visto di
transito da 3 a 15 giorni rilasciato dall'ambasciata italiana di Lagos, ottenuto
attraverso qualcuno che "ha preso a cuore" la loro pratica, pagando
l'equivalente di 4 -5 milioni di lire normalmente a cittadini nigeriani che "hanno
accesso agli uffici consolari dell'Ambasciata", con cui collaborano, e riescono ad
ottenerlo, oppure in agenzie di cambio o di viaggi vicino all'ambasciata.
- Il passaporto viene ottenuto direttamente dalla polizia locale che lo prepara e lo
vende. Sono passaporti "regolari", acquisiti attraverso l'organizzazione
criminale. Questo vale anche per chi è già in Italia: gli verrà inviato per posta, o
attraverso un amico o un parente.
- Ci sono casi di donne che hanno avuto lo stesso giorno il rifiuto di visto e - dopo
poche ore - il visto per i buoni auspici di questi signori ed il versamento della
"tangente" corrispondente. Il visto di transito prevederebbe un biglietto aereo
per altre località ma in questi casi non serve.
- In questi ultimi anni ('93-'96) stanno arrivando anche cittadini del Benin e Ghanesi,
via Parigi o via Bucarest, Sofia, Larmaca, Mosca, Amsterdam e Bruxelles. I gruppi più
numerosi di nigeriane arrivavano a Roma con visto di transito o visti d'ingresso
collettivi per "pellegrinaggio religioso a luoghi sacri diversi italiani" (il
numero delle donne registrate per ogni visto è di circa 15-20). Questo fino al 1993.
- Quali soluzioni per la prostituzione immigrata soggetta alla tratta
- Va innanzitutto analizzata la condizione di vita. Il problema va affrontato in termini
corrispondenti alla realtà: la prostituzione di donne immigrate non è prostituzione
"per scelta", ma per costrizione; è dunque tratta di donne e uomini finalizzata
allo sfruttamento sessuale. Rilevante e caratterizzante è la condizione di schiavitù o
semischiavitù in cui sono ridotte e non solo il fatto di vendersi sulla strada o in
locali chiusi.
- Oggi in Italia è dominante la prostituzione che non nasce dal disagio dell'immigrazione
ma dal commercio internazionale. a molte donne viene tolta (con la sottrazione dei
documenti personali) la loro identità: viene tolta la possibilità di documentare chi
sono, da dove vengono, quando e come sono entrate e lo stesso paese e comunità di
provenienza.
- Nella tratta soprattutto di donne africane è coinvolta come vittima anche la famiglia:
c'è la possibilità di subire ricatti, di violenze da parte della criminalità
organizzata con forti connivenze nelle istituzioni locali (soprattutto la polizia).
- La loro uscita "dalla strada" comporta anche per loro rischi di subire
violenze dall'organizzazione, che di solito opera direttamente attraverso
collettori-controllori ("maman", "ragazzo",
"compaesano-sfruttatore"). Non è raro il caso di sfregi, coltellate, violenze
sessuali di gruppo e talora l'uccisione di chi sfugge alle regole e invita altre a fare la
stessa strada.
- L'esperienza di prostituzione lascia un segno profondo sulla vita della persona.
- Vi è dunque il cammino di recupero, di ripresa della loro dignità di donne che tornano
a rivivere senza vendere i loro corpi. Questo necessita (oltre all'uscita dal mondo del
sesso comprato) di un tempo di pausa, di riflessione e un'esperienza di vita personale e
sociale positiva, possibilmente inserita nel mondo del lavoro.
- Il "lavoro in strada" lascia anche segni fisici: i rischi per la salute sono
grandissimi e talora i sintomi si fanno sentire dopo molti mesi (AIDS in particolare).
- La prostituzione all'Est : la prima risposta alla tratta delle Albanesi (1995-96)
- La quasi totalità della prostituzione albanese è coatta, anche se a convincerle a
partire sono state la miseria, la mancanza di lavoro, la distruzione del tessuto sociale,
la mancanza di prospettive. E poi perchè una ragazza "chiacchierata" o di
strada non può rientrare a casa: la tradizione, la psicologia, il senso dell'onore lo
proibiscono: è una vergogna.
- La prostituzione vera non è accettata dalla cultura albanese ( e non esisteva se non
coperta in alcuni locali da ballo gestiti dalla minoranza egiziano-albanese).
- Secondo le leggi medioevali di Lec Ducayni - accettate ancora dalla tradizione
soprattutto contadina e montanara - "una ragazza chiacchierata si poteva sposare solo
con il proiettile nella sua dote di sposa e poteva essere uccisa in ogni occasione dal
marito, suocero cognato o dal figlio perchè la pallottola era stata pagata dalla sua
famiglia. In queste occasioni il padre, prendendo il cadavere della figlia, doveva dire:
"Beato il tuo fucile, o padrone di casa!"" (da una testimonianza albanese).
La tratta a scopo di abuso sessuale riguarda anche alcuni minori maschi a Torino e il
fenomeno non è evidente.
- Il governo albanese "convinto" dagli investimenti che vengono fatti nel Paese
con i guadagni della criminalità organizzata, finge di non vedere; la polizia albanese
lucra direttamente sui documenti e sulla facilitazione dei passaggi. Quindi deve esserci
un rapporto serio tra governi per porre fine - al di qua e al di là - al crimine
organizzato, senza mezzi termini e con pool di forze dell'ordine adeguati e sicuri.
- La costruzione di prospettive per tutte le vittime della tratta
- LE INIZIATIVE INTERNAZIONALI NELL'AMBITO DEL TRAFFICO DEGLI ESSERI UMANI
- CONCLUSIONI OPERATIVE
- Non si può ignorare e tacere di fronte ad un problema che nasce all'interno di questo
fenomeno e che coinvolge un così alto numero di persone.
- La tratta delle donne immigrate riduce la donna in uno stato di sfruttamento e di
schiavitù: occorre difendere e restituire dignità di persona umana a queste donne.
- Sono donne provenienti dai Paesi più poveri dell'Est europeo e del mondo.
- Molte di queste persone sono minorenni.
- Molte di loro desiderano uscire dal giro e cercano sostegno e protezione.
- Se esiste l'offerta è segno che c'è richiesta.
- Questa necessità è indice del degrado morale, sociale, civile del nostro Paese, anche
se il problema si estende al territorio europeo.
- Si pensi seriamente alla possibilità di una revisione legislativa che conceda il
permesso di soggiorno a chi, minore o adulto, decide di uscire "dal giro", sia
che diano un contributo per smascherare le organizzazioni criminali o meno.
(Elvio Damoli, Direttore Caritas Italiana)
- DICHIARAZIONE DEL MINISTRO LIVIA TURCO
"Sono sempre più convinta che il problema
oggi non sia nella prostituzione, ma un vero e proprio fenomeno di tratta. La stampa e i
mezzi di comunicazione sociale devono dare una corretta informazione su questo fenomeno.
Ultimamente, discutendo della "tratta", con una giornalista già sensibile, ho
notato che la mia interlocutrice rimaneva un attimo attonita per il tipo di terminologia
usato da me. Questo, quindi, dovrà essere un primo momento di riscontro per un lavori
comune: dare una corretta informazione che coinvolga nella sensibilizzazione del fenomeno
le autorità laiche, politiche e religiose. Il nostro non deve essere un lavoro a se
stante. E' necessario interesse una rete, per avere dei riferimenti a livello
istituzionale. Sarà quindi giusto il coinvolgimento a livello locale delle
Amministrazioni, perchè esse intervengano e sostengano le proposte e si facciano carico
del problema."
considerato che
- sulla base dei dati e degli argomenti sopra esposti, uniti all'osservazione di quanto
avviene in orario serale sui marciapiedi cittadini, se ne deve trarre che centinaia di
ragazze nella nostra città (come decine di migliaia nel nostro paese) subiscono
palesemente e a tutti gli effetti una delle più infami ed inaccettabili violazioni dei
diritti umani: la riduzione in schiavitù
- gli utenti finali di questa colossale tratta delle bianche e delle nere sono centinaia
di migliaia di cittadini maschi italiani e, per quanto attiene al nostro Comune, migliaia
di cittadini maschi genovesi; è per il vantaggio carnale di costoro che il commercio di
schiave nel nostro paese e nella nostra città è nato, prospera e si espande;
- non può dirsi civile, nell'accezione illuministica del termine, una comunità che
permetta e si avvantaggi della riduzione in schiavitù di migliaia di giovani ragazze; a
tale inciviltà si aggiunge un'insopportabile ipocrisia quando per convenienza (conscia o
inconscia) si neghi che tale situazione di fatto sussista, o se ne sminuiscano ampiezza e
rilevanza, e contemporaneamente si dedichino esistenti risorse ed energie alla tutela di
una vasta gamma di diritti di minore priorità rispetto a quel fondamentale diritto di
libertà ed autodeterminazione dell'individuo che il regime di schiavitù totalmente
abolisce e cancella
- il problema della schiavitù a fini prostitutivi in Italia è un fenomeno che si
manifesta soprattutto nelle grandi aree urbane, dove l'utenza è maggiore; è quindi
necessario che ogni Comune, pur nel necessario coordinamento con le altre istituzioni, si
metta in grado di provvedere in proprio alla messa in opera di strategie intelligenti atte
a fronteggiare degnamente il fenomeno
- la tratta delle schiave a fini prostitutivi è agevolata dalla frequente mancanza di
informazioni, nei paesi dove le ragazze vengono reclutate, circa quanto esse saranno
costrette a compiere una volta in Italia
impegna il Sindaco e la Giunta
- a rappresentare al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Interni, al
Ministro degli Esteri, al Ministro della Famiglia e Solidarietà sociale, al Presidente
della Camera, al Presidente del Senato ed ai Presidenti delle Commissioni Giustizia e
Affari Sociali dei due rami del Parlamento l'interesse del Consiglio Comunale a che:
- il Parlamento Italiano proceda al più presto con le opportune revisioni legislative,
finalizzate alla effettiva tutela dei diritti umani degli individui che in Italia si
trovano a vivere in regime di schiavitù
- l'Italia ricerchi vincoli continuativi di collaborazione con tutte le nazioni nelle
quali abitualmente vengono reclutate le ragazze da avviare alla prostituzione nel nostro
paese, finalizzati alla produzione di opportune campagne di informazione da diffondersi
nelle suddette nazioni a mezzo stampa e spot televisivi, e nelle queli siano evidenziati i
rischi che le ragazze corrono a lasciarsi condurre nel nostro Paese senza più che debite
garanzie
- l'Italia inoltri al Parlamento Europeo la richiesta formale che siano messe allo studio
e quindi intraprese dalla Comunità Europea tutte le iniziative opportune atte a
fronteggiare e a contrastare la tratta delle donne in Europa
- l'Italia inoltri all'O.N.U. l'interesse del nostro paese a che:
- il tema della riduzione in schiavitù e della tratta di esseri umani nel mondo sia posto
quanto prima all'ordine del giorno di una seduta dell'O.N.U.
- il reato di riduzione in schiavitù sia universalmente considerato un vero e proprio
crimine contro l'Umanità
- sia conseguentemente istituito un Tribunale Internazionale per i crimini della
sopraddetta tipologia
- siano intraprese forti azioni nei confronti delle nazioni che troppo poco si adoperino
per contrastare la riduzione in schiavitù e la tratta degli esseri umani entro i confini
del proprio territorio
- a promuovere la costituzione di una Consulta dei Sindaci e delle Amministrazioni Locali
finalizzata alla mutua consultazione e ad un comune coordinamento per le varie iniziative
locali atte a fronteggiare il fenomeno della schiavitù
- ad attivarsi ai fini di creare e rendere operativi centri di accoglienza atti ad offrire
confortevole e sicuro rifugio a tutte le ragazze in regime di schiavitù che volessero
tentare di sottrarsi ai loro padroni
- a realizzare un opuscolo, tradotto nelle lingue proprie delle principali nazionalità
delle ragazze straniere che si prostituiscono in Italia, nel quale sia spiegato, in modo
esauriente, semplice e chiaro, tutte le possibilità, opzioni e garanzie che lo Stato
Italiano e il Comune di Genova offrono alle prostitute e schiave desiderose di cambiare
vita, e successivamente provvedere a distribuire capillarmente tale opuscolo fra le
prostitute che calcano i marciapiedi cittadini
- a realizzare una serie di manifesti, da affiggersi in città, i quali provvedano:
- a sensibilizzare la popolazione sull'esistenza in città, come in Italia, di una vera e
propria tratta delle schiave, e che l'offerta di schiave è alimentata in primo luogo dal
fatto che ce n'è richiesta
- ad informare nelle loro principali lingue d'origine le prostitute e le schiave circa i
loro diritti e le opportunità, fornendo un numero verde per ulteriori informazioni
- a trasmettere copia della presente mozione approvata all'ONU, contestualmente ad una
precisa e decisa richiesta di attivarsi con la massima decisione
- a trasmettere copia della presente mozione approvata ai Sindaci e ai Presidenti dei
Consigli Comunali di tutti i capoluoghi italiani, unitamente all'invito ad associarsi e a
collaborare nella sopraddetta Consulta
- a trasmettere copia della presente mozione approvata a tutti i Parlamentari italiani, ai
Ministri del Governo Italiano, al Presidente della Camera, al Presidente del Senato e al
Presidente della Repubblica, unitamente ad una nota di sensibilizzazione rispetto al
problema in oggetto
Proponente: R.Quaglia
(Lista Pannella).
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Esito della votaziona
L'ordine del giorno è stato approvato con 30 voti favorevoli e sette contrari (Lega).
Da rilevare il fatto che il Sindaco Adriano Sansa, presente in aula, non ha votato. Il
Capogruppo dei popolari, Giorgio Guerello, è uscito dall'aula un attimo prima della
votazione.
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Rassegna Stampa
L'unico articolo apparso in seguito ai miei sforzi è stato questo, de
"LA STAMPA".
Altri quotidiani, come "IL SECOLO XIX" E "LA REPUBBLICA
- IL LAVORO" e "IL CORRIERE MERCANTILE", essendo giornali
che si occupano specificamente di quanto accade a Genova, non hanno evidentemente
ritenuto opportuno dilungarsi su una faccenda come quella di cui si parla
su questa pagina, che apparentemente non ha nulla a che fare con Genova.
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