Specializzazione, strada maestra dell'ignoranza (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.48)
lettera n.48

Parla da saggio ad un ignorante ed egli dirà che hai poco senno.

EURIPIDE
















SPECIALIZZAZIONE, STRADA MAESTRA DELL'IGNORANZA

Caro Maurizio Costanzo Show,

siamo nell'epoca delle specializzazioni. Al di sopra di qualsiasi culto, religioso o pagano, regna sovrano il culto dei culti, il culto della specializzazione.
La specializzazione è indispensabile in una società altamente complessa come quella attuale, una società industriale in sempre più rapida tecnologicizzazione. Ci sono sempre più funzioni da incarnare, per fare funzionare la sempre più complessa macchina della società umana, ed ogni funzione genera prima o poi una o più sub-funzioni che a loro volta si riprodurranno in una ramificazione senza fine, almeno dal nostro attuale punto di vista. Occorrono specialisti sempre più competenti a saper fare una sempre minor parte dell'insieme delle cose da fare.
Questa corsa alla specializzazione sta cambiando l'umanità assai di più di quanto altri eventi l'abbiano cambiata nei secoli che furono.
Tutte le istituzioni scolastiche perseguono la produzione di individui specializzati in qualcosa, il che implica che essi dovranno necessariamente ignorare tutto il resto. La regina delle mercanzie che l'università insegna, nella nostra società, è l'illusione di insegnare qualcosa di significativo. In realtà insegna soltanto qualcosa di utile, quando va bene. Mai o quasi qualcosa di realmente significativo in un senso più ampio.
Il sapere umano cresce infatti con crescente crescita, se mi consentite un bisticcio verbale, ad una velocità superiore a quella che sarebbe necessaria al farraginoso sistema universitario per adeguarsi alle nuove proprietà che tale sapere assume. Nelle università insegnano docenti che studiarono vari decenni or sono ciò che ancora adesso insegnano, e l'esplosiva crescita delle umane nozioni che contraddistingue quest'epoca dell'avventura umana rende presto fatalmente obsolete quando non paleolitiche le credenze culturali di chi, troppo occupato ad insegnare in cattedra, s'è dimenticato di continuare ad imparare ciò che di nuovo è stato edificato sul vecchio.
Le università sono quindi più che altro atroci palestre di conformismo, site nel passato remoto del migliore momento culturale attuale, le quali sfornano per lo più idioti programmati ad eseguire una piccola classe di funzioni complesse, convinti di essersi fatti una cultura, e quindi paradossalmente più ignoranti dell'ignorante che almeno la propria ignoranza non ignora. Come disse Graciàn Y Morales, nel suo celebre best seller "El Criticòn" quattro secoli fa: "Il primo passo verso l'ignoranza è presumere di sapere, e molti saprebbero se non pensassero di sapere." E se non vi basta Graciàn Y Morales, che detto tra noi non ho la minima idea di chi sia, ci butto dentro Goethe, ad alcuni di noi più familiare, il quale invece disse (tra l'altro): "Nulla è più terribile di un'ignoranza attiva." Secondo M. de Montaigne, invece, "L'ignoranza che si conosce, si giudica e si condanna non è un'intera ignoranza: perché lo sia, bisogna che ignori se stessa.", e Gigi Picetti asserisce che "Più cresce la conoscenza collettiva più si riduce quella individuale.", mentre Socrate, più criptatamente sosteneva:

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sulla qual cosa non sono completamente d'accordo, più che altro perché nessuno mi ha spiegato il trucco di come si fa a leggerlo.
Le università costruiscono i cosiddetti eruditi, le parti costituenti la Grande Macchina Del Sapere Umano. Tali parti sono progettate per diventare ingranaggi microscopici della Grande Macchina, e tali diventano. La Grande Macchina è cieca, pur nella sua crescente Mole & Complessità. In nessuna delle università della Grande Macchina viene perseguito il sapere per il sapere, per costruire quindi ingranaggi (eruditi) che esplorino e comprendano il significato dell'insieme degli ingranaggi. Fatemi l'esempio di un'università che costituisca un'eccezione, ed io vi dimostrerò che siete in errore, perché è proprio nella impostazione statica anziché dinamica, burocratica, fondamentalmente conservatrice di qualsiasi istituzione universitaria che le frontiere della vera istruzione hanno il loro limite ed il progresso mentale si arresta o comunque rallenta.
Se qualcuno impara a pensare, a scuola o nell'università, non è in virtù bensì a dispetto degli insegnamenti che riceve. Tranne formidabili eccezioni, ogni professore non insegna a pensare in sé, ma a pensare come sé.
Questa consuetudine, da parte di chi insegna, di perpetuare i propri limiti, flagella ovunque ogni categoria scolastica. Nelle patetiche accademie d'arte non è l'arte ad essere insegnata, ma lo scimmiottamento delle preferenze stilistiche di chi insegna. Farsesca è l'omogeneità dei prodotti pittorici degli allievi di un'accademica, "casualmente" in sintonia con i gusti di professori che cassando chi diverga dagli stereotipi a loro cari uccidono automaticamente ogni potenziale autentico artista.
Nelle tristi scuole di recitazione di teatri stabili o instabili, gli aspiranti attori vengono omogeneizzati fino a divenire tutti grottesche fotocopie di uno stesso stereotipo. I poveretti e le poverette, spogliati di ogni individualità, rivestiti soltanto con il certificato di attori e di attrici, sono costretti per il resto della loro vita a parlare la lingua italiana con una dizione assurda, fuori dall'uso comune di qualsiasi italiano normale e anormale, che rende falso e insopportabile ogni loro gesto e parola, sul palco teatrale e sulla scena della vita. L'attore, ovvero colui votatosi a trascendere la propria singolare personalità per acquisirne una moltitudine, perde invece anche la propria. Una sua frase soltanto, e chiunque comprende subito che egli è un attore, cioè qualcuno che per voler far finta di essere chi non è finisce invece per sembrare soltanto ciò che è, e cioè un attore. Colui che volle diventare attore per sembrare anche altri oltre a sé, finì per non sembrare più nessuno, neanche se stesso, sembrando invece sempre e soltanto in ogni suo gesto un attore e nulla di più.
Se tra i milioni di scuole che nel mondo esistono, una soltanto insegnasse a comprendere e sviluppare arte e musica, a sviluppare talenti d'attore e da buffone, a esplorare i misteri delle implicazioni filosofiche poste dalla fisica quantistica, a spogliare la ricerca per la comprensione dell'animo umano dei preconcetti che ovunque si professano, ad immergersi nelle teoria della Relatività, dell'Informazione, del Caos, a fagocitare ogni letteratura che davvero valga la pena considerare, e a fare tutte queste ed altre valide cose contemporaneamente, procedendo quando è il caso per sintesi estreme, trascurando inutili dettagli di cui c'è ovunque troppa abbondanza, a sviluppare quindi la visione più onnicomprensiva possibile delle meraviglie del mondo che la Grande Macchina Del Sapere Umano già contiene... ebbene, se ci fosse anche soltanto una sola scuola al mondo che si proponesse o addirittura si adoperasse a fare ciò, sarebbe già qualcosa. Ma non c'è. Ci sarà.

Roberto Quaglia


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