Sproloquio italiano (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.44)
lettera n.44

Se ogni dente perduto fosse risarcito da un pensiero, per molta gente ciò sarebbe un affare. Potrebbe così raggiungere anche 32 pensieri nell'arco di una vita.

GIGI PICETTI

Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede e tutti la prendono per pazzo!

LUIGI PIRANDELLO
















SPROLOQUIO ITALIANO

Caro Maurizio Costanzo Show,

Il dottore dei desideri. Lo sproloquio abilita la mente a trascendere se stessa. Casi di casa non son cosa ne cosi di chiesa. Il famigerato "io" si riconfigura a proprio ghiribizzo. Fluttuanti damigelle si sfanciullizzano con grazia implume. Ego logo meco e teco. Vago con sguardo di mago ma non sul lago, luogo che fa rima ma per nulla centra. Vago in modo vago, come soltanto si può vagare. Vagare, niente strafare. Vagare per evitare di stare. Chi sta, non vaga. Chi non vaga, non vive. Chi non vive, non vive. Chi non vive, non vive.
Sii dimentico di ciò che ti conforta sempre rammentare. Evita oppure no di evitare le novità che nei tuoi meandri pure si celano. La Novità è sempre una novità, o comunque ci assomiglia tantissimo. Assomigliare è già un grave difetto, ma la perfezione è difetto ancor più grave, per cui è meglio assomigliare che essere perfettamente qualcosa che quindi non assomiglia neanche a se stesso. Cela un senso, tale apparente periodo? Non si voglia saperlo per certo! Concetti che assomiglino ad avere senso sono male, ma sono meglio di concetti che un senso lo abbiano e lo abbiano preciso e perfettamente. Perché? Chi lo sa. Non si sa neppure se è così. O altrimenti. Non si sa nulla. Si finge di sapere di non fingere di sapere. Non si sa nulla, neppure che non si sa nulla. Sapere di non sapere nulla è molto zen, e ipocrita, e stupido. E' paradossale, in modo banale. Sapere di gelato alla fragola è più semplice ed anche gustoso. Tutti vorrebbero sapere di fragola, prima o poi nella loro vita, o nella vita di qualcuno che hanno incontrato. Uno sciocco direbbe che ogni fragola vorrebbe prima o poi sapere di qualcuno che voglia sapere di lei. Siamo tutti sciocchi, e allora diciamolo, col gusto di chi non avendo gusto di fragola si placa con tutti i gusti che per caso balzano sulle papille gustative della propria interfaccia percettiva. Scopriamo tra l'altro di essere il mero elenco più o meno ordinato della infedele registrazione del magma di fenomeni percettivi che ci hanno riguardato. E' una frase incompleta, come tutte le frasi, e vuol dire ben poco. Esistono frasi che vogliano dire ben molto? Se le frasi sono frasi fatte non vogliono dire nulla ma lo dicono in modo assai comprensibile e ben condivisibile. Se le frasi non sono frasi fatte vogliono dire magari di più ma dicendolo non lo dicono propriamente, o invece sì. Ecco l'indeterminazione, o forse no, ecco però qualcosa... o forse qualcos'altro... è meglio una frase fatta oggi che una frase non fatta domani. O viceversa. Chiunque scelga oppure no. Chiunque tragga vantaggio dalla sua personalissima confusione per generare la release successiva di se stesso. Chiunque s'abbeveri oppure no dalle rare fonti di confusione pura o comunque poco adulterata. La confusione può esser chiamata caos. Dal Caos per Caso nasce Cosa, dice uno dei più picettiani tra i Gigi Picetti che nei cosmi esistono o esisterebbero. Il caos è il rimescolamento delle carte da gioco, è la riconfigurazione degli archetipi. Chissà poi cosa vuol dire quest'ultima frase, ma suona tutta piena di significato recondito, ed il significato, specie quello recondito, è la moneta di miglior corso al grande mercato dell'energia fattasi homo sapiens. Chi fugge la confusione fugge il principio che lo ha reso esistente, rinuncia al gioco dell'evoluzione, qualsiasi cosa ciò possa, voglia o non possa o non voglia significare, oppure no, o invece sì, almeno in parte.
Cristalli e pappagalli, pochi i cristalli, avanzano pappagalli variopinti per finta, come tutti i pupazzi. I pappagalli, anche otri o vuoti d'urina, danno il via ad una frase che non sa come proseguire. Frasi che non proseguono sono come minivite troncate, appartengono alla realtà e fingere che ciò non sia è ridicola manifestazione di bassa umanità o alta animalità, o viceversa oppure no. Quante più frasi nascono che non sappiano proseguire, tante più frasi mirabili invece sorgono e si manifestano nel loro unico e da quel momento imitabile splendore. Se tutta l'umanità parlasse sempre e soltanto usando ogni individuo ad ogni frase sempre e soltanto frasi che mai nessuno abbia precedentemente profferito, l'umanità sarebbe una cosa diversa. Ciò è ben possibile, essendo l'umanità pochi miliardi di crani con corpo allegato e le frasi possibile eppur mai pronunziate milioni di miliardi e dirò di più esse sono ancor di più ed io dissi milioni di miliardi per il convincente suono che tale numero tutto sommato astratto possiede o a noi spesso pare che esso possegga. Brutta la vita fatta di frasi astruse a fasi, o quasi, eh? La vita senza fasi o con poche di esse, con fasi ben definite etichettate DOC, etichette dai più e dai più dei più nel loro presunto significato condivise, la vita così vi allieta, sì, anche se non negate che sia così così. Pochi fasi poco confuse non vi confondono e vi spengono, così che dell'ardor perduto trascorrete anni a rimembrarne scioccamente l'ardore. Non è forse sciocco struggersi a rimembrare l'ardore dell'ardore? E' come implodere a pensare all'amore dell'amore, ai soldi dei soldi, ai paperon dei paperoni, a pensare di pensare... o invece no? Pensate di pensare, poi pensate di pensare di pensare... Se siete principianti procedete per gradi. Affrontate il vostro primo pensiero poco alla volta, per non slogarvi il cervello. Prima mezzo di esso, o ancora di meno. Quando un pensiero per intero avrete, con somma cautela abbinatevene un'altro, che si occupi del primo. Un pensiero che si accorga di un'altro pensiero. Poi, nella folle escalation che i buoni folli ad arte spontaneamente apprendono, adornate, secondo abominevole metafora, l'albero natalizio del vostro esser al mondo con barluccicante costellazione di pensieri indipendenti benché connessi, ognuno o quasi testimone degli altri e talvolta pure di sé.
Nulla come lo sproloquio autotematizzante ci sorprende se ad esser sorpresi noi per natura o per scelta ci ritroviamo inclini. Lo sproloquio autotematizzante andrebbe insegnato a scuola come materia a sé, come disciplina di palestra mentale, come vaccino contro ogni fondamentalismo, come profilassi di una vasta gamma di patologie che qui ed ora non enumero poiché non mi vengono in mente e non vedo perché dovrei sforzarmi più di tanto - anzi così sottometto alla sovrana volontà di chiunque ora legga la da me suggerita opzione di accettare quello che a questo punto tradisce d'essere un sottinteso compito da fare a casa, così sottinteso che evito senz'altro di sovraintenderlo dicendolo.
Comunque, o addirittura dunque, poiché sotto sotto son desto adesso mi arresto, attesto che non vi arresto né vi desto se destati ancora non siete, e lesto mi appresto a por fine a codesto congesto fors'anche molesto ma onesto manifesto, poiché giammai orchestro il vostro sequestro, né v'infesto o tempesto col mio capestro. Sono un po' mesto, e ciò detesto. La mia veglia or volge al vespro. Ma presto, se il cervello della mente non svesto, mi rimetterò in sesto, con un sol gesto. Fine del testo.

Roberto Quaglia


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