Piccola storia della fantascienza (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.35)
lettera n.35

L'immaginazione è più importante della conoscenza.

ALBERT EINSTEIN






















PICCOLA STORIA DELLA FANTASCIENZA

Caro Maurizio Costanzo Show,

Continuo a notare che da te si parla di tutto, fuorché di fantascienza. Così, a beneficio dell'Umanità Italiana, della quale solitamente sei paladino tu più di molti altri, mi trovo invece costretto a parlarne un po' io. Cos'è la fantascienza? Come è nata? Quando è nata? Perché è nata? Partiamo dall'inizio, ovvero dal secolo scorso.
Nel mondo occidentale, fino alla rivoluzione industriale del diciannovesimo secolo, il futuro della società era per l'individuo un "ambiente" che non destava particolari curiosità. Il progresso tecnologico trasformava già da millenni la società - è vero - ma lo sviluppo, pur accelerando continuamente, non era mai stato facilmente percepibile dall'individuo in prima persona. Nell'arco di una vita umana, erano ben pochi o addirittura nulli i progressi tecnologici e le relative trasformazioni del vivere quotidiano che la società produceva. Si nasceva e si invecchiava in un mondo che cambiava troppo lentamente perché ci si riuscisse ad accorgere che l'onda del cambiamento sarebbe proseguita oltre la propria morte. Il figlio di un ciabattino imparava il lavoro del padre per poi un giorno trasmetterlo al proprio figlio, e non vi era alcun rischio che nel frattempo qualcun altro inventasse un nuovo sistema automatizzato per la produzione di scarpe. Il futuro tecnologico non esisteva, a livello della coscienza comune. Ciò che era, sarebbe sempre stato anche in seguito. Le sporadiche invenzioni che pure, nei millenni, avevano fatto fare passi da gigante alla specie umana, erano considerate eccezioni miracolose ad una regola di immutabilità della tecnologia. Le invenzioni dell'umanità, rare nel corso di una vita umana, erano assimilate come una magia che improvvisamente divenisse possibile, e quindi accettate come una nuova norma, un prodigioso traguardo raggiunto oltre il quale nulla di nuovo può più venire inventato.
Il Regno dell'Ignoto non era quindi sito nel futuro (che la coscienza comune s'immaginava pressoché identico al presente), bensì altrove, in un altro luogo. Era altrove, in un paese lontano, oltre i confini del mondo conosciuto, nel Regno dei Cieli ed in mille altre località immaginarie che si consumavano mirabolanti avventure ed aliene vicende. L'immaginazione, nei sognatori che una potente immaginazione avevano, esplorava sempre nello spazio e mai nel tempo, poiché era ammissibile che a luoghi lontani potessero corrispondere ignoti contesti, (dopotutto, ogni tanto qualcuno tornava da lunghissimi viaggi raccontando che effettivamente esistevano luoghi completamente diversi dai propri, abitati da persone con facce usi e costumi diversi assai), ma era assolutamente inammissibile che a momenti temporali lontani (nel futuro, ovviamente) potessero corrispondere contesti differenti da quello presente. A dimostrazione di tutto ciò si consideri tutta la letteratura fantastica scaturita dall'umanità per millenni: non vi è pressoché traccia di narrazioni ove l'alienità del contesto sia rappresentata da uno spostamento dell'azione lungo l'asse del tempo, verso il futuro, mentre invece abbondano le storie di viaggi in luoghi alieni poiché remoti nello spazio.
Questo stato delle cose si alterò significativamente con la rivoluzione industriale del diciannovesimo secolo. L'accelerazione dello sviluppo tecnologico causò trasformazioni talmente frequenti nella vita delle persone, da non rendere più inammissibile il concetto che lo sviluppo tecnologico avrebbe potuto in futuro trasformare ulteriormente la vita delle persone.
Il riflesso di ciò sulla letteratura fu che nacque la fantascienza (in inglese, più propriamente: science fiction, ossia letteratura di scienza). Mary Shelley (la moglie del celebre poeta) ipotizzò che i progressi nella biochimica e nella chirurgia avrebbero un giorno consentito di rigenerare in laboratorio la vita, e scrisse Frankenstein. Jules Verne, pur rimanendo ancorato alla tradizione che ricercava l'alienità altrove, mediante viaggi, ipotizzò che sarebbero stati i progressi tecnologici a rendere possibili i suoi viaggi nei luoghi più disparati. H.G. Wells, ispirato dalla convinzione scientifica dell'epoca che Marte potesse ospitare vita extraterrestre, scrisse "La guerra dei mondi", il primo romanzo nel quale la terra venisse invasa da extraterrestri. Nel 1926 Hugo Gernsback, negli USA, fondò la prima rivista specializzata in letteratura di fantascienza, ma fu solo con l'irruzione di John Campbell Jr., nel 1938, alla guida della rivista Astounding Stories, che una nuova e foltissima schiera di scrittori si formò, dando il via a quella che fu successivamente chiamata "L'età d'oro della Fantascienza". Ricordiamo, di questa nuova generazione di autori, tre nomi che forse avrete già sentito: Isaac Asimov, Robert Heinlein, Arthur Clark. In questa fase, i temi dominanti delle storie divennero, per la prima volta, estrapolazioni rigorosamente scientifiche circa il futuro progresso della tecnica. La sconcertante esplosione della bomba atomica su Hiroshima spiegò inequivocabilmente al mondo che il futuro era già iniziato, e sempre più gente si interessò alla fantascienza per cercare di capire come il futuro sarebbe potuto essere.
Poi fu inventata la televisione. I lettori di narrativa tradizionale abbandonarono in massa i libri per dedicarsi al loro nuovo ed imperituro passatempo. Ma i lettori di fantascienza aumentarono, e così anche gli autori.
Dalla seconda metà degli anni cinquanta in poi, e per tutti gli anni sessanta, la fantascienza entrò in una nuova fase, che fu chiamata "New Wave". Le storie sulla scienza e gli scienziati non erano più al centro dell'attenzione. Protagonista della nuova fantascienza divenne la gente comune, che subiva gli effetti dei progressi tecnologici. Le estrapolazioni degli scrittori non erano più limitate alle pure invenzioni tecnologiche, ma si avventuravano anche nella sociologia e nella psicologia. La fantascienza era cresciuta e maturata, si era arricchita. Aveva prepotentemente fatto irruzione nel campo la satira sociale.
Negli anni ottanta nacque il movimento cyberpunk, tuttora rigoglioso, chiamato anche neuromantico (da Norman Spinrad). Personaggi neuromantici, nei romanzi cyberpunk come al di fuori di essi (il movimento cyberpunk è infatti tracimato dai propri argini letterari per diventare un fenomeno sociale), sono spesso una nuova generazione di ribelli tecnologizzati. Lo sfrenato sviluppo dell'informatica induce inoltre a credere che in futuro il concetto stesso di realtà ne possa venire completamente trasfigurato, e le estrapolazioni a questo riguardo quindi fioccano. La "Realtà Virtuale" è per noi ancora solo un videogame, ma in futuro...
La fantascienza non si ferma qui. Noi invece sì.

Roberto Quaglia


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