La Morte non č ciņ che pensiamo che sia (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.16)
lettera n.16

La morte è un concetto illusorio. Nessuno "muore". Ciò che ad ognuno prima o poi accade è il fatto che definitivamente smettano di accadergli delle cose.

ROBERTO QUAGLIA






LA MORTE NON E' CIO' CHE PENSIAMO CHE SIA

Caro Maurizio Costanzo Show,

c'è tutta una categoria di persone, che racchiude tutta l'umanità, che non capisce assolutamente che cosa LA MORTE sia, soprattutto se si convince di averlo capito. In questa categoria naturalmente rientro anch'io, come si sarà ben potuto comprendere leggendo la mia lettera di ieri. La prova dell'incomprensione di ciò che la morte sia ci viene data dalle persone stesse che non lo capiscono, appena glielo si chiede. La risposta sarà sempre una metafora, mai neanche lontanamente la cosa in sé. I più campagnoli risponderanno che la morte è ritrovarsi in un giardino fiorito tutto pieno di ruscelli ed un sacco di frutta, nonché angioletti svolazzanti, un anziano barbuto Dio sornione che ogni tanto si affaccia sorridente dal suo preferito squarcio tra le nubi e non dimentichiamo la scritta EDEN sul portone d'ingresso. A chiunque sia così campagnolo da raffigurarsi il proprio dopomorte così non ha senso rispondere in alcun modo. Tutti gli altri capiscono facilmente che si tratta di una metafora molto semplice. A costoro piace o piacerebbe stare in giardino a godersi ciò che ci si gode stando in giardino, e allora cosa c'è di meglio che convincersi che lo faranno per tutta l'eternità?
In realtà, ognuno che creda all'esistenza del paradiso si è convinto che il paradiso debba essere come lui (o lei) ha deciso che il paradiso debba essere. Ognuno è infatti, sotto sotto, il Dio del proprio paradiso. Che paradiso sarebbe, se non fosse proprio come noi lo vorremmo? Poiché ognuno di quelli che crede nell'esistenza del paradiso ha una visione tutta sua di come il paradiso sarà, è evidente che almeno tutti tranne uno si sbagliano (oppure c'è un paradiso su misura per ciascuno? Ma se è così, ogni paradiso ospiterà soltanto una persona sola, oltre ovviamente Dio che è ubiquo. Non sarà noioso, alla lunga?), o forse - più ragionevolmente - si sbagliano addirittura tutti.
Abbandonando i classici paradiso, inferno e purgatorio, di cui già fin troppo si parla, esistono innumerevoli altri modi di raffigurarsi la vita dopo la morte, oppure, più semplicemente, la morte.
La morte può venir vista come un "passaggio" verso una nuova condizione, come una "liberazione" da qualcosa, come una "comunione" con qualche cos'altro. Bene, se ci pensate converrete senz'altro che si tratta di metafore e nulla di più. Avendo esperienza di "passare" in vita da una condizione all'altra, estendiamo tale esperienza al fenomeno di morire, e descrivendolo come un "passaggio" ci illudiamo di saperne a questo modo più di prima. Ben sapendo quale sollievo ci dia la "liberazione" da qualcosa che ci opprime, suona bene alle nostre orecchie che tale esperienza possa applicarsi alla morte. Ricordando quanta gioia abbiamo provato durante l'intima "comunione" con una persona cara o con un'idea astratta idealizzata, ci piace raccontarci che la morte debba essere proprio una faccenda di tal genere.
Se molte persone riescono ad evitare le rappresentazioni più kitsch e banali, nessuno, nessuno, nessuno, pensando alla morte, riesce a sfuggire alla metafora, dimostrando così di non stare pensando in realtà alla morte, ma a qualcos'altro. Tipico della metafora è di significare una cosa per l'altra. Se infatti dico ad una donna "Le tue labbra sono petali di rosa", non spiego affatto che cosa siano le sue labbra, ma alludo soltanto al fatto che esse siano morbide come petali di rosa. Fortunatamente tutti sappiamo cosa siano delle labbra, poiché ognuno di noi ha visto, toccato e forse anche baciato almeno un paio di labbra. Ma se spiegassimo ad un extraterrestre intelligentissimo ma senza labbra (per esempio un extraterrestre a forma di carciofo), che le labbra sono "petali di rosa", esso crederebbe di avere capito cosa sono delle labbra (poiché, essendo un carciofo, ha qualche esperienza di fiori e petali), ma noi sappiamo che in realtà avrebbe capito qualcosa di completamente sbagliato. Penserebbe che le labbra sono i petali. Nulla di più erroneo!
Allo stesso modo, quando una persona pensa alla morte come alla "pace eterna", come ad un "meritato riposo", come a "trovare la propria quiete", evidentemente fa uso di metafore che non dicono della morte più di quanto i petali di rosa spieghino delle labbra al carciofo extraterrestre. Soltanto perché un cadavere non si muove per nulla, così vagamente somigliando (ma solo vagamente) ad una persona che si stia riposando, riteniamo lecito convincersi che la morte SIA un riposo eterno. Se ci tenessimo il cadavere in salotto (o meglio, in camera sua) per sei mesi, e lo vedessimo ed odorassimo decomporsi in vermi e quindi trasformarsi in mosche, forse cambieremmo la nostra metafora (ed immagine mentale) circa la pace eterna.
In realtà, quando qualcuno muore, non esiste più. Ma anche questo non è corretto. O qualcosa esiste o non esiste. "Non esistere più" non è una categoria di esistenza. Noi definiamo morta una persona della quale percepiamo sussistere tracce di memoria nella nostra mente. Se queste tracce non ci sono o svaniscono, quella persona non è morta, per noi. Semplicemente, essa NON E'. Non esiste. Non esiste, né è mai esistita, né esisterà mai.
Ricordo che da bambino ebbi, in varie occasioni, una coscienza intensissima, muta, senza parole, di ciò che la morte significasse, e si trattava di un concetto inesprimibile e terrificante. Mi è assai difficile (ma non impossibile), da adulto, ritrovare la stessa agghiacciante consapevolezza. Ho in mente troppe metafore, circa la morte, che dandomi l'illusione di meglio capirla in realtà mi allontanano dalla comprensione di ciò che essa sia. Da bambino, evidentemente, subivo in misura minore l'inquinamento metaforico, e mi era così possibile avvicinarmi maggiormente all'archetipo della morte.
La maggior parte delle persone mature o anziane smettono di preoccuparsi o di soffrire al pensiero di dovere morire, avendone ad esempio accettata l'ineluttabilità. E' un'osservazione che mi da sollievo, poiché potrebbe accadermi di diventare anziano anch'io. Ma mi da anche da pensare. La morte è la morte, a qualsiasi età. Perché spaventa mediamente di più da giovani che da vecchi? La risposta è che con il passare degli anni e dei decenni, le metafore che si sostituiscono ad un'inquietante comprensione di ciò che morire significhi, si fortificano e si radicalizzano. Sommerso di metafore, l'agghiacciante archetipo della morte scompare alla vista, per sempre, fino alla morte. Il preferito argomento della maggior parte degli ultraottantenni sono le ultime notizie sul fronte della morte. Parlano tra loro di chi sia appena morto e di chi stia per morire. Oggi ci siamo, domani chissà. Tutto ciò con grande calma e normalità, come se anziché di andare a morire si parlasse di andare a fare... un viaggio.
Adesso fate un bell'esercizio. Provate a pensare alla morte, e pensate a ciò che pensate che la morte sia. E' una metafora? Cioè, si tratta di una visione che trae origine dalla vostra esperienza... terrena? Allora è sbagliata. In effetti non può essere altro che sbagliata. Se avrete eseguito correttamente l'esercizio, dovreste iniziare a sentire già i suoi primi effetti. Una certa inquietudine, forse addirittura ansia, certamente non una sensazione di piacere. Ah, a proposito: vi sarete accorti che questo non è uno di quei tipici saggi psicologici tipo "La vita nelle tue mani" o "Perché suicidarsi? Non fatelo!" che vorrebbero a parole risolvere tutti i vostri problemi. Qui sto innegabilmente cercando di aumentare, a parole, la quantità dei vostri problemi. Tuttavia, poiché la totale e definitiva assenza di problemi, per quanto ne sappiamo, è tipica soltanto della morte, mi sembra di non farvi un eccessivo dispetto. Tra l'altro, detto tra noi, non so neppure chi siate, ovvero chi sia in effetti colui o colei a cui mi starei rivolgendo. Non percepisco di rivolgermi a qualcuno in particolare. Ma chiunque sta ora leggendo queste righe è incontrovertibilmente la persona in particolare alla quale indubbiamente mi sto rivolgendo. Prima di essere detestato più di quanto mi vada bene di esserlo, mi sento in dovere di suggerire a chi si sentisse danneggiato dall'esercizio da me appena proposto, l'antidoto agli effetti collaterali di quanto io scrivo: Accendete la televisione, vagate un congruo numero di minuti tra i canali col telecomando, poi guardate, ad oltranza, quello che c'è sullo schermo, fino alla scomparsa dei sintomi. Funziona sempre. Quando io stesso riporto dei danni dalla lettura di ciò che talvolta scrivo, ricorro con successo a questo ormai antico antidoto, una vera panacea contro le patologie del pensiero.
In conclusione: Qualsiasi metafora noi si adotti per raffigurarci la morte, siamo certamente in errore. Tra tutte le metafore immaginabili, ve n'è però una che un po' di attinenza oggettiva con il passaggio dall'esistenza alla non esistenza ce l'ha, e si tratta della nascita. Immaginando di percorrere all'indietro la nostra vita, essa cessa al momento della nascita. Chi si ricorda l'istante della propria nascita? L'istante della nostra morte ci farà probabilmente lo stesso identico effetto della nostra nascita, ovvero nessuno. E' logico pensare che dopo morti ci sentiremo esattamente come prima di nascere. Come vi sentivate, durante tutta l'eternità intercorsa dall'origine dei tempi fino al momento della vostra nascita?

Roberto Quaglia


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Dino Buzzati e Maria Bellonci, con Italo Svevo in testa e Gabriele d'Annunzio al seguito, non senza Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Verga, Dante, Ugo Foscolo e soprattutto il migliore di tutti, Pietro l'Aretino, (ma anche Eugenio Montale non scherza) parlano italiano anziché tedesco come Peter Handke, il crucco dei crucchi più crucchi di Franz Kafka, per il quale Alta Vista trova 12612 voci diverse. Vasco Pratolini, Elio Vittorini e Cesare Zavattini fanno rima. Ovidio e Sallustio no. Neppure Plutarco e Plauto e Pluto, il cane di Topolino, l'amico di Gambadilegno e Macchia Nera e Zio Paperone e Paperino e Angelo Rizzoli. Carlo Emilio Gadda è ottimo, così Primo Levi. Nicolò Macchiavelli era machiavellico. Anthony Burgess ha scritto Arancia Meccanica, o arancia meccanica. Jim Morrison è morto celebre. Anna Frank pure. Raymond Queneau è interessante. Bianca Berlinguer è la figlia di Enrico Berlinguer. Margherita Hack è un'astronoma. Antonino Zichichi assomiglia a Ezio Greggio. Con Pino Arlacchi sbulacchi. Con Corrado Augias non c'è rima. Pietro Citati è uno scrittore, come Luigi Malerba, Dacia Maraini, Alessandro Barbero e Giampaolo Pansa. Jacopo Fo è il figlio di Dario Fo, che è sposato con Franca Rame. Maria Schneider, Alan Friedman, Teo Teocoli,Tango, Zut, Giulietta Masina, Fulco Pratesi, Luigi Calabrese, Lotta Continua, Paolo Liguori, Enrico Mentana, Nancy Brilli, Gigliola Cinquetti, Tito Baroni, Sandra Mondaini, Carlo De Benedetti e Silvia Monti, Luca Barbareschi e Piersilvio Berlusconi, Pantalone, Paperoga, Pippi Calzelunghe, Gianni Letta, Marcello Dell'Utri, Veronica Lario, Gianmarco Tognazzi, Adolf Hitler, Cosa Nostra, Dr. Goebbels, Capitan Findus, Giorgio Albertazzi, Padre Pio, Eugenio Scalfari. La satira in Italia non c'è quasi più. Giorgio Forattini. 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Superciuk, Zio Paperone, Qui, Quo, Qua , Piersilvio Berlusconi, Gesù Cristo, Karl Marx, Benito Mussolini, Alexander Langer, Palmiro Togliatti, Josip Stalin, Stakanov, Peppone, Don Camillo, Topo Gigio, Ringo, Arsenio Lupin, Diabolik, Kriminal, Tiziana Maiolo, rag. Ugo Fantozzi, il gobbo di Notredame, Pietro Gambadilegno, Carmen Russo, Lory Del Santo, Giucas Casella, Sergio d'Antoni, Mino Martinazzoli, Maurizio Costanzo Show, talk show, talkshow, salotti televisivi, Telesogno, Maurizio Costanzo, Maria De Filippi, Amici, teatro Parioli, Roma, Italia, Italy, Italian Authors, Oliviero Toscani, Enzo Iachetti, Andrea Roncato, Silvio Berlusconi, Lucio Battisti, Mina, Antonio Albanese, Monica Bellucci, Spice Girls, Luchino Visconti, Jean Michel Jarre il genio,Stefania Rocca è meravigliosa, Paola Barale è televisiva, Carla Bruni è mitica, Gaia de Laurentis è anche più mitica, Claudio Lippi e Gerry Scotti, senza Alberto Sordi, o Fiorello, Nancy Brilli, Bud Spencer, Licia Colò, Asia Argento, Dario Argento, Paola Ferrari, Heather Parisi, Wendy Windham, Natassja Kinski, Antonella Clerici, Carla Bruni, Giancarlo Magalli, Paolo Liguori, Enzo Siciliano, Enrico Mentana, formula uno o formula 1, Satana, Carla Bruni, Satanasso e satana e satanasso, il diavolo, Mefistofele e Belzebù, detti anche mefistofele e belzebù, satanismo e riti satanici, Kierkegaard, Platone, Socrate, Veronica Lario, Tanino Liberatore, Vincenzo Sparagna, Frank Simon, Lasse Braun, Leo Salemi, Luca Damiano, Mario Salieri, Marzio Tangeri, Silvio Bandinelli, Steve Morelli, Teresa Orlowsky, Simona Valli, Francesca Ray, Pussycat, Mauriza Paradiso, Ave Ninchi, Vanna Marchi, Pamela Miti, Manya, Rossana Doll, Clarissa Bruni, Luana Borgia, Erica Bella, Barbarella tendono alla nudità in misura difforme.
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