Cos'č la morte? (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.15)
lettera n.15

FEDE: Credere senza prove a ciò che ci viene detto da uno che parla senza cognizione di causa di cose senza paragone.

AMBROSE BIERCE






















COS'E' LA MORTE?

Caro Maurizio Costanzo Show,

uno tra i più diffusi preconcetti è che la morte sia qualcosa di negativo. Santa Madre Chiesa ci suggerisce anche un preconcetto opposto, ossia che la morte sia in realtà l'inizio della vera vita, e che quindi, intrinsecamente, la morte sia bene anziché male. Ma poi, Santa Madre Chiesa ci fa una assai magra figura quando l'attuale papa, colpito da malattie della carne, non si volge fiducioso alla Santa Provvidenza, bensì al laico Policlinico Gemelli, ospedale terreno assai. Mentre piloti di Formula Uno mettono ad ogni Gran Premio la loro vita nelle mani di Dio, mentre dittatori spietati fanno altrettanto concedendosi perigliosi bagni di folla potenzialmente ostile, il Papa non osa neanche mostrarsi ai suoi fedeli senza la macabra bara protettiva di cristallo trasparente stabilmente sita sulla sua vettura fuoriserie, dimostrando così d'avere meno fiducia nella protezione divina di quella che hanno piloti e dittatori, ed esibendo inoltre un'evidente iper-preoccupazione nei confronti di quel famoso salto, a parole sempre decantatissimo, verso la Vera Vita del Regno Dei Cieli.
Ma non volevo scrivere questa lettera per far pubblicità al Papa. Volevo mettere a nudo, per quanto sia nelle mie possibilità, il fatto che il valore negativo assegnato alla morte sia un preconcetto, o qualcosa del genere.
Sappiamo che non viviamo per sempre. La nostra vita non è infinita, bensì finita. Essa ha dei limiti. Quali sono? Il limite al quale pensiamo sempre è quello che chiamiamo "Morte". Dopo tal limite, noi non ci siamo. E' questo però l'unico limite assoluto della nostra vita? No, ce n'è un'altro. Anche nella direzione opposta c'è un limite, prima del quale noi non ci siamo. Chiamiamo tal limite "Nascita". Morte e nascita in realtà non esistono, sono concetti che non hanno senso, tanto è vero che gli uomini (e anche parecchie donne) non si sono mai riusciti a mettere d'accordo su ciò che esattamente significhino. Per alcuni la vita umana inizia all'atto del concepimento. Per altri ciò avviene ben nove mesi dopo. Io addirittura sostengo che la vita "umana" inizi ancora dopo, quando il bambino non sia più un tropismo del tutto privo di spazio mentale, ed acquisisca il linguaggio umano e con esso, finalmente, la coscienza e la capacità di ricordare, coscientemente, il passato. Anche sulla morte vi sono alcune dispute. A parte chi a parole si dice convinto che la morte sia in realtà l'inizio di una nuova vita più bella (e allora perché non cerca di morire in fretta?), c'è chi dice che la morte non esiste perché quando ci siamo noi, lei non c'è, e quando c'è lei, non ci siamo più noi.
Gli esseri umani pensano: Nascere è bello. Morire è brutto. Ma entrambi sono confini della vita, in egual misura. L'unica differenza è che pensiamo che la nascita non ci può più succedere, mentre la morte ci succederà. Questa è una conseguenza del fatto che ricordiamo il passato, ma non il futuro. Ovvio, penserà chi ora mi sta leggendo. No, non è ovvio, penso non soltanto io, ma anche uno dei più grandi scienziati viventi "Stephen Hawking".
Nel suo ben noto libro "Dal big bang ai buchi neri" (impropria traduzione del titolo originale inglese "A brief history of time"), Hawking introduce il concetto di "freccia psicologica del tempo". Non andrò nei particolari per due importanti motivi: il primo è che chi ha deciso di leggere ciò che ho scritto io anziché ciò che ha scritto Hawking avrà i suoi buoni (o pessimi) motivi. Il secondo motivo è molto più valido, ed è costituito dalla mia inadeguatezza ad andare nei particolari in un campo dove ci farei subito delle gran brutte figure. Citerò quindi solo una frase di Hawking: "Le leggi della scienza non distinguono tra passato e futuro". Noi lo facciamo, perché la cosiddetta freccia psicologica del tempo è rivolta dal passato verso il futuro. Ma in senso assoluto (o, se non vi piacciono gli assoluti, in senso scientifico, o matematico), c'è totale equivalenza tra passato e futuro.
Il fatto che il passato sia già successo ed il futuro debba ancora succedere sono nostre categorie di pensiero. Secondo gli scienziati, da Einstein in poi, tutto ciò che esiste è l'universo, cioè una "bolla" spaziotemporale finita, che comprende tutto lo spazio e tutto il tempo che ci sono stati, ci sono e sempre ci saranno.
Usiamo una metafora semplice. Tutto ciò che esiste è racchiuso dentro un libro. Ovviamente, esso esiste tutto contemporaneamente. Quando leggiamo il libro, ci pare che il tempo scorra, le persone prima nascano e poi muoiano. Ma se leggiamo dieci volte di seguito la pagina dove c'è uno che nasce, quel poveretto per noi nasce dieci volte, pur essendo però sempre vivo una volta sola. Dopo che uno è morto, possiamo agilmente tornare indietro di qualche pagina ed ecco che è di nuovo vivo, pur essendo già morto nel futuro del libro. Oppure possiamo leggere cento volte il libro dall'inizio alla fine e per cento volte ci pare che gli avvenimenti in esso contenuti assumano vita e si consumino. Od invece, con un po' di fatica, possiamo leggere il libro al contrario, ed ecco che dalla morte sorgono i vivi che poi spariscono al momento della nascita e così via, fino all'inizio dove tutto termina. Qualsiasi cosa noi si decida di fare, il libro continua a contenere tutto ciò che nel libro è accaduto, accade ed in futuro accadrà. Se non avete dimestichezza coi libri si può fare lo stesso esempio con un film. Ecco, l'universo è in questo senso come un libro o un film, che però noi possiamo leggere o guardare (o meglio vivere) soltanto per un verso. E questa sarebbe la freccia psicologica del tempo. In realtà, a prescindere dal nostro punto di vista obbligato, tutto il tempo esiste contemporaneamente insieme a tutto lo spazio di cui è tutt'uno, per cui nulla in realtà svanisce od appare, poiché tutto contemporaneamente e stabilmente è, in quest'ipotetico Gran Libro dell'Universo.
Adesso mi sono perso in questi discorsi quando invece volevo concentrarmi sul preconcetto che la morte sia qualcosa di negativo. Parleremo allora ancora di morte nella prossima lettera, se non morirò prima, o se non morirete prima voi.

Roberto Quaglia


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